Vanna Iori

Su Dire: “Donne imprenditrici, il valore della differenza”

Su Dire: “Donne imprenditrici, il valore della differenza”
25/01/2017 | Categorie: Dire, Donne, Lavoro, Media Press


Il mio articolo di oggi, mercoledì 25 gennaio 2017, pubblicato sulle pagine dell’agenzia di stampa Dire.

 

Donne e lavoro, un binomio quanto mai complesso in una società dove le discriminazioni sono dure a morire anche nelle realtà cosiddette evolute.

Come educare a una cultura che vede la donna nel ruolo dell’imprenditrice senza essere oggetto di scherno, mobbing o discriminazione? Per diventare imprenditrici occorre solo imparare tecniche e regole del gioco già consolidate dal sapere e dal fare maschile? Oppure sta nascendo e crescendo una cultura imprenditoriale delle donne?

Obiettivo prioritario per le donne imprenditrici oggi è diventare sempre più capaci di gestire la propria impresa rispetto alle competenze sul mondo del lavoro e su di sé. Bisognerà, cioè, acquisire conoscenze di marketing, pianificazione e controllo di gestione, ma soprattutto accrescere l’autovalutazione nelle diverse situazioni di comunicazione aziendale.

Potenziare le risorse personali significa non solo accrescere nelle donne che fanno impresa le competenze, gli strumenti tecnici e i saperi irrinunciabili legati all’economia e alla gestione tecnica d’impresa, ma anche renderle capaci di “leggere” questi saperi criticamente, sulla base della propria consapevolezza identitaria di genere.

In questo senso la valorizzazione delle risorse razionali, intellettuali, cognitive ed emotive, consolidate nella storia individuale e collettiva delle donne, diventa fonte di competenze per l’impresa stessa. E’ infatti importante non separare i saperi tecnici (hard) dai saperi che riguardano le persone, perché nella vita professionale reale i due livelli di sapere si intrecciano continuamente.

Ci sono dei presupposti fondamentali per l’imprenditoria femminile. Innanzitutto il management ha bisogno della differenza. Mentre il management tradizionale è “monosessuale”, in quanto pensato da uomini, destinato a uomini e gestito da uomini, la prospettiva femminile può invece arricchire la dimensione manageriale di competenze e saperi nuovi (tradizionalmente ignorati o estromessi), di una capacità organizzativa più flessibile e duttile, più attenta agli aspetti non “oggettivabili”, ma non per questo privi di rigore e di razionalità; espressione di una diversa razionalità.

La differenza di genere è pertanto una “risorsa” rilevante per l’impresa. Occorre poi riconoscere questa differenza per valorizzarla. Molto spesso le donne che diventano imprenditrici assumono modelli di pensiero e di comportamento desunti dal maschile, ritenendo inadatta o inutile o addirittura dannosa per la propria impresa la loro storia femminile, le loro competenze e i loro saperi.

Il modello dominante, la mentalità imprenditoriale, le leggi di mercato sono certamente l’espressione di un mondo tradizionalmente maschile; non è però adeguandovisi e assumendolo come proprio che la donna imprenditrice può sfruttare al meglio le sue risorse, poiché si manterrà in una posizione di estraneità e imitazione di modelli che non appartengono alla sua storia di genere.

Al contrario, riconoscendo la sua specificità e la sua differenza, potrà valorizzarla come un elemento in più su cui fondare la sua gestione d’impresa. Le imprenditrici, quindi, devono imparare a pensare come donne in un mondo di uomini.

Per valorizzare la propria differenza occorre avere chiara consapevolezza, da un lato, di agire in un mondo dominato da leggi maschili e anche fisicamente gestito da uomini, dall’altro, occorre non perdere la propria identità di pensiero e soprattutto di valori per potere continuare a pensare “da donne”.

Ciò significa imparare a contare su se stesse e sui propri saperi per entrare in modo critico e attivo nelle regole del gioco del mondo imprenditoriale, e quindi non separare la razionalità dal sentimento, non dimenticare la realtà della società che vive al di fuori della nostra impresa, non abdicare l’esistenza all’impresa, non rinunciare alla solidarietà.

Questi atteggiamenti non distolgono dall’impresa, ma – al contrario – la arricchiscono. La non neutralità dei saperi, la non neutralità dell’identità professionale, la “sessuazione” del lavoro sono quindi le prime competenze dalle quali una donna imprenditrice può avvalersi come risorsa e competenza professionali.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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