Vanna Iori

Il mio intervento sull’agenzia di stampa Dire: “Educatori, pronta la legge per valorizzarli”

Il mio intervento sull’agenzia di stampa Dire: “Educatori, pronta la legge per valorizzarli”
22/03/2016 | Categorie: Dire, Educazione, Media Press


Martedì 22 marzo l’agenzia di stampa Dire ha pubblicato sulle pagine del suo sito un intervento sulla mia proposta di legge 2656, nata per mettere fine alla profonda incertezza identitaria delle figure professionali dell’educatore e del pedagogista.

Qui sotto il testo integrale dell’intervento.

Gli abusi e i maltrattamenti a danno di alcuni anziani ospiti in una residenza in provincia di Parma ripropongono, con urgenza, il tema dell’attività svolta dagli educatori. Un’attività preziosa che, nella stragrande maggioranza dei casi, ha un risvolto positivo e cruciale in tutti quei contesti dove c’è bisogno di assistenza:  residenze per anziani e disabili, ma anche asili nido, servizi per la tossicodipendenza o per l’integrazione culturale, carceri, contesti di attività ludiche, comunità territoriali e formazione aziendale. Agli educatori, che in Italia sono oltre centomila, spetta un compito delicato ed essenziale.

Educatori non ci si improvvisa perché la scarsa preparazione produce comportamenti e atteggiamenti deleteri in tutti gli ambiti sociali, educativi e sanitari dove è invece necessario un alto profilo professionale. Non che il titolo, in sé, sia garanzia sufficiente, ma certamente acquisire competenze adeguate per il delicato ruolo relazionale è un requisito indispensabile.
Ora è arrivato il momento di mettere ordine, voltando davvero pagina.  Alla Camera è pronta una proposta di legge, a mia prima firma, per porre fine alla profonda incertezza identitaria delle figure professionali dell’educatore e del pedagogista. L’attesa è elevata, come testimoniano i post sui social e le tante lettere che arrivano ogni giorno per sollecitare l’approvazione della legge. Ma chi sono, o meglio, chi dovrebbero essere gli educatori e i pedagogisti? In Italia rappresentano oggi una galassia variegata e fragile, una giungla di titoli e ambiti lavorativi che comprende al suo interno anche ingiustizie e disparità. In particolare oggi nelle professioni educative ci sono laureati che provengono da due diverse facoltà universitarie (e già questa è un’anomalia solo italiana nel panorama europeo), ma ci sono anche educatori non laureati che lavorano da decenni perché non era richiesta la laurea al momento del loro inserimento lavorativo. Di questi ultimi molti hanno certamente acquisito esperienza e competenza, spesso attraverso una formazione in servizio di buon livello, e hanno contribuito allo sviluppo dei servizi territoriali. Le professioni educative sono quindi ancora indefinite nella loro fisionomia, eterogenea e incerta che attende di essere riconosciuta e valorizzata.

Un groviglio normativo che, dopo vent’anni anni di vuoto legislativo, attende un riordino improcrastinabile. La mia proposta di legge intende mettere ordine in questa confusione fissando alcuni requisiti basilari, prendendo come riferimento il livello delle conoscenze richieste dal Qeq (Quadro europeo delle qualificazioni professionali), e individuando i percorsi di studio, le competenze, i titoli, gli sbocchi occupazionali. Il testo, che si è arricchito del contributo di associazioni e di altri soggetti, offre una possibilità concreta di porre ordine ed equità nel riconoscimento delle figure professionali che operano negli ambiti educativi.

Che cosa cambia dunque? Innanzitutto dopo l’approvazione della legge entrerà in vigore l’obbligatorietà della laurea per accedere alle professioni educative. Ovviamente sono previste norme transitorie per  il passaggio dalla situazione attuale a quella che sarà a regime con l’obbligo del titolo. Si prevedono un tempo e un percorso privilegiato per conseguire la laurea a chi già lavora senza titolo, riconoscendo il lavoro svolto come credito formativo. Mentre per coloro che lavorano da molti anni sarà possibile un’equiparazione anche senza conseguimento del titolo. Si invitano infine le università a favorire l’istituzione di corsi interfacoltà tra Medicina e Scienze della formazione per avvicinare i due profili professionali e, in prospettiva, auspicabilmente giungere ad un unico profilo. Si amplia il ventaglio degli sbocchi occupazionali, compreso l’ambito socio-sanitario e la scuola, indicando in modo chiaro i servizi, le organizzazioni e gli istituti dove esercitare l’attività professionale. Si rende “abilitante” la laurea magistrale e la vecchia laurea in pedagogia.

In sostanza si fa un passo importante per valorizzare il lavoro educativo che è un indispensabile veicolo di civiltà per lo sviluppo del nostro Paese, e si riconosce a coloro che svolgono le professionieducative una dignità scientifica e professionale, per un decisivo miglioramento della qualità dei servizi, un’affermazione dei diritti dell’infanzia, una diffusione della qualità della cura educativa per le persone in situazione di fragilità e per coloro che sono in cammino nei sentieri educativi.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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