Vanna Iori

Genitori più fragili dopo il Covid: che cosa è cambiato?

Genitori più fragili dopo il Covid: che cosa è cambiato?
12/03/2023 | Categorie: Genitorialità, Media Press, Minori


L’esperienza della pandemia ha aperto una profonda ferita nella collettività e nelle relazioni. Questo evento così inatteso ha intensamente influenzato l’esperienza individuale di ognuno di noi con ripercussioni psicologiche e sociali su cui sono state effettuate diverse ricerche e studi. Prevalentemente si è posta l’attenzione sui cambiamenti nei vissuti dei bambini, degli adolescenti, dei giovani. Ma anche le dinamiche familiari sono state influenzate e molti genitori si trovano in balìa di questi cambiamenti, senza strumenti per trovare risposte efficaci. Questi genitori sono “smarriti” e insicuri nell’assumere responsabilità di fronte ai cambiamenti dei figli, ascoltarli, interessarsi dei loro vissuti, mantenere aperto il dialogo e sostenerli. Il ruolo educativo è mutato: c’è chi è riuscito a costruire nuove dinamiche, altri invece non sono riusciti a trasformarsi e ad affrontare la crisi. In questi tempi si sono messi in luce gli impatti negativi della pandemia sul benessere dei genitori, oltre che dei figli. Un declino della qualità relazionale nel rapporto all’interno delle famiglie.

Sicuramente risposte diverse sono state prevalentemente correlate ad un insieme di variabili come la cultura, il contesto economico, la struttura familiare (monogenitori, divorzi, famiglie ricostituite ecc), ma non sono sufficienti queste caratteristiche, poiché i ragazzi in crisi, per esempio i ricoverati per autolesionismo o tentativi suicidari, provengono da contesti anche molto diversi, dove la storia delle relazioni e  le caratteristiche individuali dei membri della famiglia sono importanti ma non sono stati decisivi nelle loro scelte. Che cosa è dunque accaduto?

Nelle famiglie durante la pandemia l’aumento del tempo trascorso insieme è stato superiore alle precedenti “normali” giornate, quando i genitori andavano al lavoro e dedicavano un po’ del loro tempo ai figli la sera. D’improvviso si sono ritrovati a doversi reinventare una relazione nell’ambito di un tempo maggiore da condividere. I livelli di soddisfazione relazionale sono aumentati o diminuiti? È stato ritrovato tempo per la famiglia, per stare insieme, è stato riscoperto il piacere di giocare con i bambini. Ma dove c’erano conflitti sopiti sono aumentati i tassi di scontro e violenza familiare. Il ritiro dei giovani nella propria stanza o la presenza di genitori nelle lezioni in DAD. Comportamenti scomposti e inattesi. La crisi del Covid ha svelato, ad esempio, che molti adolescenti amano stare in casa, che sono disimpegnati rispetto al legame sociale. Stanno crescendo cittadini allergici al collettivo, con una debolezza educativa rispetto al bene comune.

A ciò si aggiunga che la fase adolescenziale, particolarmente delicata, è stata la più colpita dalle diverse forme di disagio, poiché gli adolescenti vivono maggiormente fuori dal contesto familiare, tra i loro pari, mentre la situazione di chiusura e di permanenza forzata in casa non ha consentito loro di sperimentarsi nell’aggregazione con il gruppo degli amici.

La crescita di distanza emotiva e la mancanza di contatti sociali con gli amici, il clima emotivo presente in famiglia, unitamente alla preoccupazione per la salute, ha messo in difficoltà tutti i vissuti relazionali.

Ciò che è accaduto è un fatto sociale e antropologico che ci interrogherà nei prossimi anni: quali strumenti i genitori possono mettere in campo per corrispondere veramente a bisogni dei figli? La scelta più diffusa da parte dei genitori per rispondere alle fragilità dei figli è stata quella di “medicalizzare” il disagio, di affidarli allo psicologo, cioè di cercare all’esterno delle loro relazioni i riferimenti per aiutarli. Dopo il periodo della chiusura sta diffondendosi un periodo di silenzio reciproco, di gesti e comportamenti di isolamento sociale nei figli che sembrano incomprensibili. Figli che hanno scoperto la fragilità dei loro genitori e hanno affievolito la loro fiducia nel ritenerli punto di riferimento nel bisogno.

Ma le domande sono ancora senza risposte. Con quali strumenti i genitori possono aiutarli? E soprattutto chi affianca i genitori in questo percorso? Chi li accompagna a comprendere e decodificare nuove richieste di aiuto, spesso non verbali, che emergono nei figli?

Spesso il genitore può essere ancora una guida, colui sul quale i figli potevano contare ma, come in molti casi i ragazzi stessi affermano, anche se è presente non è in grado di capire ciò che provano.

Questa trasformazione nelle famiglie di “adulti più fragili” e meno affidabili nella percezione dei figli ha bisogno di occasioni per ripensare nuovamente i ruoli e le asimmetrie educative necessarie. E quindi è necessario il riconoscimento reciproco dei compiti e la costruzione di condizioni che consentano di avere tempo per la cura e le relazioni.

Sarà un lavoro molto complesso che richiederà la mediazione delle agenzie formative e un nuovo forte impegno educativo. L’aspetto fondamentale sarà quello di costruire alleanze, reti comunitarie, tra famiglie, come avviene attraverso il patto di alleanza con altri genitori per ritrovare assieme la possibilità di essere di nuovo riconosciuti come figure significative, riferimento protettivo, autorevole sul versante affettivo e su quello esistenziale. Attraverso esperienze di incontri e di genitorialità diffusa, ridiamo alle famiglie il senso del loro vissuto per consentire ai figli di ritrovare fiducia.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *