Vanna Iori

Sea Watch palcoscenico del narcisismo salviniano

Sea Watch palcoscenico del narcisismo salviniano
28/06/2019 | Categorie: Huffington Post, Media Press, Politica


La Sea Watch è diventata il palcoscenico perfetto per l’incontenibile narcisismo propagandistico del Ministro dell’Interno.

Da più di un anno, le politiche migratorie del nostro Paese si sono ridotte a un solo tema: porti aperti o porti chiusi. Poco importa che la disperazione continui a transitare per il nostro Paese, con centinaia di migranti che ogni giorno sbarcano sulle nostre coste da piccole barche oppure attraverso le nuove rotte balcaniche che il vicepremier pensa di proteggere con muri e filo spinato.

Salvini ha bisogno di nemici come il pane altrimenti non potrebbe realizzare il suo unico programma di governo che è quello di mostrare i muscoli e la faccia sicura dell’uomo d’ordine.

Ed ecco che, in una fase drammatica per l’economia del Paese che certifica l’incapacità di questa maggioranza, arriva una giovane donna tedesca sulla nave di una odiata ONG. Il nemico perfetto da dare in pasto a un’opinione pubblica rancorosa, spaventata e incattivita.

Un’opinione pubblica che ha perso di vista il senso della realtà e dell’umanità se non è capace di riconoscere il dolore e la prostrazione di 42 persone disperate che provengono da un viaggio di dolore e sofferenza. Come è pensabile che si possa ridurre il problema migratorio enorme a una lotta senza quartiere a poche decine di donne e uomini.

Salvini però ha buon gioco nel fare quello che gli riesce meglio: inchiodare il Paese a discutere solo di una nave e del suo carico di dolore mentre tutto il mondo intorno è in sommovimento.

La nave Sea Watch può o meno entrare in porto? Di fronte alla tragica complessità dei fenomeni migratori, il Ministro dell’Interno riduce tutto a questa estrema e dannosa semplificazione, al braccio di ferro con una manciata di disperati.

E non è solo una questione di umanità, quella che dovrebbe spingere chi governa a mostrare pietà per la sofferenza, senza per questo recedere dalle proprie ragioni. Si tratta di non avere la benché minima strategia su come affrontare i flussi in modo serio e non per uno spot da mandare in rete o al Tg2. E più s’innalza l’effetto spot, più aumentano i sondaggi.

Perché Salvini si ostina a non voler ridiscutere le politiche europee per l’asilo e la redistribuzione? Perché non si impegna per garantire una maggiore cooperazione con i Paesi di origine? Perché non discute l’opportunità di definire quote di immigrazione economica sostenibile per una più sicura integrazione? Perché non riesce a rimpatriare i migranti irregolari?

Probabilmente perché non gli conviene cercare strategie risolutive. Si nutre del conflitto, del caos, del disordine che sono più “utili” e funzionali alla sua macchina del consenso.

Per governare bisogna uscire dalla campagna elettorale che, tuttavia, è l’unico ambito in cui il leader leghista si sente a suo agio. E questo è un problema serissimo per un Paese fragile come il nostro, esposto sotto diversi fronti, che avrebbe bisogno di una forza tranquilla e responsabile più attenta al Paese che al gradimento sui social.

Il mio articolo




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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