Vanna Iori

L’abbandono scolastico aumenta: si dovrà potenziare il nesso fra educazione e sviluppo

L’abbandono scolastico aumenta: si dovrà potenziare il nesso fra educazione e sviluppo
14/11/2022 | Categorie: Huffington Post, Media Press


dati europei certificano come nel nostro Paese cresca il numero dei giovani che abbandonano precocemente gli studi, soprattutto nel Mezzogiorno. Ciò che emerge è il quadro di una generazione che non è sostenuta da un’adeguata formazione e strumenti di politiche attive utili a trovare il proprio posto nei processi di sviluppo. Parliamo di ragazzi vulnerabili che hanno bisogno di un sostegno concreto e immediato. In una società dove il livello di istruzione è sempre più importante per l’accesso al lavoro, e quindi anche per evitare il rischio di emarginazione sociale, il contrasto a questo fenomeno deve rappresentare un obiettivo centrale.

Nel 2021 l’Italia è stata terza in UE per quota di abbandoni scolastici precoci dopo Romania (15,3%) e Spagna (13,3%). Un dato che non può lasciarci indifferenti. Va inoltre sottolineato che l’obiettivo continentale, in vista del 2030, è stato ulteriormente abbassato di un punto (9%) con una risoluzione del Consiglio europeo del febbraio 2021. Raggiungerlo significherebbe, per il nostro Paese, innanzitutto ridurre gli ampi divari territoriali che ancora resistono. In Sicilia il 21,2% dei residenti tra 18 e 24 anni ha lasciato la scuola prima del tempo: quasi 10 punti più della media nazionale. Seguono 2 grandi regioni del Sud, entrambe sopra quota 15%: Puglia (17,6%) e Campania (16,4%). I dati testimoniano chiaramente le difficoltà della scuola di fronte ai cambiamenti della società; per trovare soluzioni adeguate è necessario individuare e comprendere i sintomi osservabili, rappresentati in primis dagli indicatori di insuccesso scolastico. Ma non solo. La dispersione è un fenomeno complesso frutto dell’intrecciarsi di diversi fattori; parte dalla scuola ma si estende anche al contesto culturale, economico, sociale e familiare.

La dispersione si combatte allargando le iniziative ai contesti territoriali. Le prime mosse del nuovo governo preoccupano. Pare evidente la prevalenza di temi identitari di forte e immediata presa sull’elettorato mentre è assente dall’agenda un’iniziativa in materia di istruzione, ricerca e innovazione che sono elementi indispensabili per garantire uno sviluppo socio-economico duraturo e sostenibile. Purtroppo se il nostro Paese è tra gli ultimi posti nella classifica europea non solo nei tassi ma anche nella qualità dell’istruzione e della ricerca, occorrerà innanzitutto indagarne le cause e destinare risorse finanziarie per colmare i divari attraverso misure efficaci.

La dispersione si combatte infatti iniziando a investire sulla valorizzazione dei docenti, sulle dotazioni tecnologiche, sul tempo scuola, sull’offerta formativa, sui percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento. Investire in queste direzioni diventa di primaria importanza per ridurre il gap di ritardi nei confronti dei principali paesi europei. La priorità politica deve essere quella di ridare dignità, qualità e autorevolezza alla scuola. Una priorità che deve riguardare non solo le istituzioni ma tutte le agenzie educative e che deve passare da un potenziamento dei servizi, fin dalla prima infanzia, con la costruzione di un welfare per i minori che deve puntare a fornire una pluralità di nuovi servizi, basati anche sull’integrazione tra pubblico e privato  che rispondano ai cambiamenti in atto, per soddisfare la pluralità di bisogni ed esigenze. Per recuperare una programmazione sul lungo periodo devono essere coinvolte le istituzioni con tutte le forze della società civile, perché siano partecipi e si facciano promotrici di idee che coinvolgono l’intera comunità educativa, cruciali in questa fase ma anche sul lungo periodo.

La scuola dovrebbe rappresentare un elemento in grado di impattare sulle opportunità di progetti di vita del minore, mentre spesso, nel nostro Paese, resta un’occasione mancata. Nel contesto dell’emergenza educativa, a preoccupare molto, oltre alla dispersione scolastica e alla scarsa qualità del sistema di istruzione, c’è l’enorme divario tra Nord e Sud in materia di investimento relativo sull’infanzia e sui nidi.

La crisi ha profondamente cambiato il volto delle nostre comunità, rimettendo in primo piano la necessità di restituire centralità alla persona nella sua complessità e, di conseguenza, ripensando i servizi territoriali nella chiave della prossimità e della multidisciplinarità. In questo quadro, la scuola si qualifica come elemento fondamentale di ricostruzione e sviluppo di comunità perché è l’istituzione indispensabile per tenerla unita, farla crescere e permettere ai più giovani di partecipare e essere inclusi nella vita collettiva, nel nesso inscindibile tra sviluppo ed educazione. La strada per contenere l’abbandono passa da qui.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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