Vanna Iori

Il valore della differenza macerato nella violenza

Il valore della differenza macerato nella violenza
24/11/2023 | Categorie: Donne, Huffington Post, Media Press


La violenza di genere affonda le sue radici in una società dove esiste un potere profondamente asimmetrico tra uomini e donne. Nel nostro Paese le donne vivono in ogni ambito della vita sociale, culturale, civile ed economica una profonda disparità di genere. Un fenomeno endemico trasversale ai ceti sociali.

In Italia, infatti, i divari educativi tra uomo e donna sono particolarmente evidenti a partire dall’educazione infantile e dalla formazione: pensiamo al fatto che le ragazze sono incomprensibilmente sottorappresentate nei percorsi STEM a causa di pregiudizi di genere e stereotipi che affondano le radici a partire dalle famiglie. Una disparità che ha conseguenze nel mondo del lavoro, visto che si tratta di ambiti che generalmente offrono più opportunità e carriere meglio remunerate.

Inoltre le donne hanno difficoltà a lavorare perché portano sulle loro spalle anche tutto il lavoro di cura: un fenomeno che è anche conseguenza dell’offerta insufficiente di servizi educativi per la prima infanzia nel nostro paese dove solo due bambini su 10 frequentano un asilo nido. In questo modo è difficilissimo coniugare vita lavorativa e vita familiare e questo spinge uno dei due – quasi sempre la madre – a rinunciare del tutto o in parte alla propria occupazione.

Ma c’è anche un insopportabile pregiudizio che si concretizza nel gender gap, con le donne che guadagnano sistematicamente meno degli uomini e, spesso più talentuose, non riescono ad accedere a ruoli apicali.

Stereotipi che iniziano fin da piccoli dai giochi che sono realizzati nel solco di un’idea e cioé che le donne siano, per natura, emotive e gli uomini razionali; che le donne nascano più brave a stirare, lavare i piatti e cambiare i pannolini, mentre gli uomini nascano con la predisposizione alla gestione del denaro, della tecnologia e dei ruoli di potere sul lavoro. Bambini e bambine vengono educati a ruoli di genere stereotipati fin da piccolissimi/e; l’industria e il marketing dei giocattoli ne offrono esempi molto chiari: basta infatti recarsi in un qualsiasi negozio di giochi oppure guardare con spirito critico le pubblicità dedicate, per scoprire un mondo nettamente suddiviso in rosa ed azzurro. Cosa cela questa differenziazione cromatica? Una tipologia di giochi che nella quasi totalità dei casi prevede giochi “attivi” e di abilità cognitive per i maschi e giochi “statici” e di cura per le femmine. Stereotipi nello sport. L’ideologia che definisce l’uomo forte, competitivo, attivo, e la donna debole, remissiva e passiva resiste dal Novecento ancora oggi. Pensiamo anche solo al fatto che la ginnastica non era concepita tra le discipline sportive competitive e che alle donne non era permesso prendere parte alle competizioni sportive. E’ del tutto evidente che questo insieme di pregiudizi sociali, economici e culturali sia un terreno fertile di coltura di modelli che costringono la donna in un ruolo di costante subordinazione e di inferiorità sociale che ha come conseguenza estrema proprio la violenza di genere, di cui il femminicidio è il volto più terrificante.

Ebbene, parliamo di fenomeni che non sono più episodici ma strutturali in una società dove la disparità di genere è un vero e proprio paradigma fondante. Ecco, la violenza contro le donne è una manifestazione di rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, l’imposizione del potere maschile in ogni sfera della vita. Un dramma che non è fatto privato ma pubblico; che investe tutta la comunità e non può essere estirpato se non smantellando quella cultura maschilista ancora troppo presente. Una cultura che si comincia a contrastare a scuola e in famiglia, educando i ragazzi all’affettività e ai sentimenti. Purtroppo punire (che è necessario) non basta. La soluzione non è soltanto punitiva o psicologizzante, ma educativa. Senza un lavoro di educazione culturale saremo sempre qui a discutere di deumanizzazione e brutalità, assuefatti al male. In questo quadro è indispensabile e urgente un investimento strutturale sulla comunità educante, sull’educazione alla differenza nelle scuole di ogni ordine e grado.

La differenza è un valore perché consente il vicendevole scambio di visione, di sensibilità, di affetti per trasmettere arricchimento reciproco.

Ieri Antonio Polito sul Corriere della sera ha scritto un bell’articolo dicendo una grande verità: in questo Paese gli uomini trattano le donne nella vita di ogni giorno come figlie di un dio minore. E la violenza da che mondo è mondo si è sempre abbattuta sulle persone in condizione di inferiorità.

Per questo noi dobbiamo combattere, e gli uomini devono essere i primi a farlo, per estendere tutti i diritti delle donne. Questo è il primo obiettivo di un Paese civile.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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