Vanna Iori

Su HP: “Le ragioni contrarie alla scarcerazione di Riina non nascano dalla vendetta”

Su HP: “Le ragioni contrarie alla scarcerazione di Riina non nascano dalla vendetta”
06/06/2017 | Categorie: Carcere, Huffington Post, Media Press


Il mio nuovo articolo pubblicato oggi, martedì 6 giugno 2017, sul mio blog sull’Huffington Post Italia.

 

La pronuncia della Cassazione sulla richiesta di scarcerazione avanzata dai difensori di Totò Riina parla esplicitamente della necessità di assicurare “il diritto a morire dignitosamente” che va assicurato a ogni detenuto.

Principio sacrosanto perché la dignità, quando la vita sta per giungere al termine, spetta a tutti, anche a chi ha commesso atroci reati e si trova a scontare la propria pena dietro le sbarre. Ma c’è un elemento, importante, che merita di riflettere sulla decisione della Corte e che rende, a mio avviso, oggi più difficilmente accettabile l’uscita dal 41 bis di un uomo che ha distrutto vite, anche giovanissime, e provocato dolore e sofferenze atroci alle famiglie delle vittime, ma anche a un intero Paese, per un determinato periodo storico messo a dura prova dalla ferocia di Cosa Nostra.

Questo elemento è il mancato ravvedimento. Riina non ha intrapreso alcun percorso di pentimento, non ha chiesto perdono e non ha intenzione di farlo. Ecco perché la sua uscita dal carcere, pur per ragioni di salute, che devono comunque essere salvaguardate con l’assistenza e le cure, rappresenterebbe un oltraggio non solo alla memoria di Falcone e Borsellino e del lungo elenco di vittime, ma anche di tutti coloro che ogni giorno hanno lavorato e lavorano per impedire che la mafia contagi la società civile.

Il diritto a morire dignitosamente può dunque essere assicurato a Riina anche dentro il carcere, provvedendo a tutte le cure necessarie. Sbaglia chi, in queste ore, usa termini di accanimento e di vendetta che non servono, ma allo stesso tempo dobbiamo dire no, chiaramente, a qualsiasi ipotesi che contempli l’uscita dal carcere.

Faccio mie le parole che Nicola Gratteri ha usato per parlare del capo dei capi e dell’eventualità di un’uscita: “Un boss come lui comanda anche solo con gli occhi”. La decisione della Cassazione ha aperto un varco significativo: spetterà ora al tribunale di sorveglianza di Bologna decidere sulla richiesta di scarcerazione, che fino a oggi è stata sempre respinta.

Ma al di là dell’aspetto meramente giuridico, quello che emerge dal dibattito che si è scatenato sui social network e non solo è innanzitutto un’atmosfera di interrogativo. Che Riina possa uscire fa rabbrividire se si pensa alla strage di Capaci o a quella di via D’Amelio, piuttosto che alla vicenda del piccolo Di Matteo, sciolto nell’acido, solo per citare alcune delle storie più cruente che hanno caratterizzato la lunga scia di sangue che ha attraversato l’Italia.

E allora è ancora più importante sottolineare che le motivazioni contrarie all’uscita dal carcere di Riina non devono trovare origine nella ritorsione, ma nella “più ampia logica di giustizia di cui non si possono dimenticare le profonde indiscutibili ragioni”, come afferma Don Ciotti. Se ciò avvenisse ci troveremmo di fronte a un segnale di arrendevolezza dello Stato che va oltre il rispetto delle regole.

E le giovani generazioni, che non hanno vissuto la stagione della mafia che uccide, ma che allo stesso tempo assistono, spesso inermi, alle trasformazioni della piovra, si troverebbero di fronte a un universo valoriale ancora più difficile da interpretare.

Vorrei tuttavia concludere ribadendo che questa notizia serva almeno a ribadire un dovere morale che spetta a tutti: occuparci, concretamente, per rendere più umane e dignitose le condizioni dei detenuti nelle carceri, affinché la detenzione si configuri come un’autentica occasione di consapevolezza e riscatto e la pena possa esercitare una reale funzione educativa e riabilitativa. Riina si è posto fuori da questa strada perché è mancato un suo ravvedimento. La memoria delle vittime di mafia va invece rispettata e custodita.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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