Vanna Iori

Su HP: “L’omicidio di Ferrara è figlio dell’incapacità di gestire i propri sentimenti”

Su HP: “L’omicidio di Ferrara è figlio dell’incapacità di gestire i propri sentimenti”
12/01/2017 | Categorie: Huffington Post, Media Press, Minori


Il mio nuovo articolo pubblicato oggi, giovedì 12 gennaio 2017, sul mio blog sull’Huffington Post Italia.

 

Cosa spinge un ragazzo a uccidere i propri genitori? Perché quello che dovrebbe essere il legame affettivo per eccellenza può arrivare a trasformarsi in qualcosa di terribilmente opposto, fino a culminare nell’odio ossessivo e nella volontà di eliminare fisicamente mamma e papà, coloro che mettono al mondo, ma poi diventano presenze insopportabili e odiate?

Sono interrogativi che forse possono spaventare e che tuttavia è necessario non trascurare perché dietro la storia del duplice ed efferato omicidio di Pontelagorino, nel ferrarese, dove un adolescente ha massacrato i propri genitori con la complicità di un amico, chiede a noi tutti di scavare più in fondo.

Scavare in quella parte buia e nascosta che esiste in tutti noi e che nell’età adolescenziale, densa di trasformazioni e di cambiamenti tumultuosi, si fa sempre più indecifrabile, perché fatta di paure, angosce, delusioni, aspettative, sogni: un mix che genera a volte l’incapacità di gestire i propri sentimenti. Perché è di sentimenti, che degenerano pian piano, che parliamo, non di raptus, ma di un piano premeditato, studiato e portato a termine con determinazione.

Ma scavare più in fondo significa anche andare a indagare nelle dinamiche delle relazioni con i genitori, in quei comportamenti che i figli-assassini giudicano inaccettabili, anzi insopportabili, capaci di trasformare la benzina che cova in loro in un fuoco pericoloso.

La storia dei coniugi massacrati con l’ascia nel ferrarese fa riaffiorare nella nostra memoria altre vicende analoghe, come quella di Erika e Omar, la strage familiare di Novi Ligure. In alcune lettere inviate ai due, decine di ragazzi hanno scritto: “Bravi, avete avuto il coraggio di farlo”. Hanno messo, nero su bianco, un progetto dell’orrore massimo e indicibile. La domanda è: come si arriva a questo punto? Che cosa si corrode, a un certo punto, in modo così irreversibile nei legami genitoriali fino ad arrivare all’omicidio?

Il nodo è uno: il non saper litigare, l’incapacità di gestire i conflitti. Non esiste educazione senza contrasti. Il conflitto in sé è normale che ci sia. Non dobbiamo averne paura. I conflitti possono nascere da situazioni gestibili, come appunto i brutti voti a scuola. O, per fare altre esempi, l’orario di rientro, il tempo passato sullo smartphone, l’abbigliamento. Educare, soprattutto nell’adolescenza, deve fare i conti con le ribellioni e gli scontri, per questo è decisivo saper gestire e affrontare i conflitti. C’è bisogno di intelligenza emotiva, di sentire e di ascoltare, di mettersi in gioco.

Altrimenti le mezze verità, i rancori, i sensi di colpa, le complicità, le miserie non trovano risposte se non nella finzione. La finzione della famiglia armoniosa. Un inganno che non regge mai.Rifiutare o negare il conflitto è un errore. Senza conflitto tutto viene sommerso e cova negli animi inquieti. È così che una relazione tra genitori e figli, troppo compromessa, può diventare emergenza. Il conflitto invece può essere un passaggio per trovare un punto d’incontro, laddove l’apparente assenza di conflitto può far diventare la situazione incandescente, perchè in quei silenzi gli adolescenti rischiano di partorire piani orribili.

Non commettiamo l’errore di pensare che i parricidi e i matricidi siano episodi di cronaca violenta che non ci riguardano perché rientrano nella sfera della psichiatria. Questo omicidio di Ferrara ha coinvolto una famiglia per molti aspetti non dissimile dalle nostre. Una famiglia come tante. Ecco allora che è indispensabile riconoscere il disagio e avere anche l’umiltà e la capacità di chiedere aiuto. Nella nostra società dell’incertezza, che è anche incertezza educativa, occorre creare occasioni di formazione alla genitorialità perché il mestiere di genitori è il più difficile da imparare.

E imparare a gestire i conflitti è faticoso, comporta vissuti di fallimento (“non ce la facciamo”) e incertezze sulle scelte. Ma occorre continuare il cammino, senza abbandonarsi allo sconforto. Pur nella consapevolezza dei limiti e degli errori inevitabili, è possibile cercare di comprendere le ragioni reciproche ed essere, secondo il titolo di Bettelheim, “genitori quasi perfetti”.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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