Vanna Iori

Non si investe sul futuro tagliando sull’educazione

Non si investe sul futuro tagliando sull’educazione
15/12/2023 | Categorie: Educazione, Huffington Post, Media Press, Minori, Scuola


La legge di bilancio, di cui ancora non è partito l’esame degli emendamenti, non contiene quasi nulla per il settore del sapere, della conoscenza e dell’educazione. Tutto si riduce a un misero articolo e a poche risorse che certamente non sono sufficienti per recuperare i tagli stabiliti nella manovra precedente. Ma la questione più grave è che il governo dimostra di non avere la necessaria visione sul ruolo strategico che riveste la formazione per la costruzione di un futuro improntato alla crescita e alla sostenibilità.
Al di là delle dichiarazioni del ministro Valditara e di alcune misure spot a costo zero, per la scuola è prevista una significativa spending review e nessun investimento che possa dare corpo a un processo realmente riformatore in grado di ridare slancio a un settore, che ogni ricerca o studio, dimostra essere in forte crisi e non in grado di offrire le risposte oggi necessarie agli studenti. Purtroppo, le tabelle allegate alla legge di bilancio certificano per i prossimi tre anni un taglio progressivo di risorse.

Tanti i fondi a cui sono state sottratte risorse: 35 milioni in meno nel triennio per il fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e istruzione; 11,5 milioni in meno nel triennio per il fondo buona scuola per il miglioramento e la valorizzazione dell’istruzione scolastica; 4 milioni in meno nel biennio al fondo unico per il welfare dello studente e per il diritto allo studio; quasi un milione in meno destinato alle politiche contro la dispersione scolastica e il disagio giovanile; più di 4 milioni in meno sempre fino al 2025 per il sostegno alle famiglie per il diritto allo studio; 1,7 milioni tagliati all’istruzione terziaria non universitaria e alla formazione professionale. Se a ciò si aggiunge la revisione del PNRR con un taglio che ha fatto saltare 100mila posti negli asili nido, ci rendiamo conto che per il governo l’educazione non ha certo un valore prioritario. Come pensano di aumentare il numero dei posti, per raggiungere, come richiesto dal Consiglio Ue nel 2021, il 45% di copertura del servizio a livello nazionale entro il 2030?

Risulta davvero paradossale, che proprio il governo che dei sostegni alla famiglia ha fatto una battaglia ideologica, non vogliano non investa sui servizi educativi, a partire da quelli per l’infanzia. I bambini hanno diritto all’asilo nido, soprattutto nelle aree marginali. È ormai ribadito da tutte le indagini come gli investimenti precoci nella prima infanzia siano quelli a maggiore ritorno tra gli investimenti nello sviluppo umano. La frequenza al nido è uno dei mezzi più efficaci per combattere la povertà educativa, prevenire i bassi rendimenti scolastici e contrastare la dispersione scolastica, Inoltre, la presenza ai nidi favorisce la partecipazione delle donne al mercato del lavoro che dipende in modo considerevole dell’accessibilità dei servizi educativi per la prima infanzia. Eppure tagliano. In un contesto di forte crisi economica e sociale che con il carovita rende sempre più difficile per le famiglie sostenere il diritto allo studio dei figli: testi scolastici, mense, trasporti.

In un paese dove cresce il numero dei giovani che abbandonano precocemente gli studi, soprattutto nel Mezzogiorno servirebbe invece garantire alle giovani generazioni una formazione adeguata e strumenti di politiche attive utili a trovare il proprio posto nei processi di sviluppo. In un mondo sempre più complesso dove le relazioni sono in crisi, è indispensabile investire in educazione, soprettutto in riferimento ai  ragazzi vulnerabili che hanno bisogno di un sostegno concreto e immediato. In una società dove il livello di istruzione è sempre più importante per l’accesso al lavoro, e quindi anche per evitare il rischio di emarginazione sociale, il contrasto a questo fenomeno dovrebbe rappresentare un obiettivo centrale. Ma l’istruzione, connotata nella sua funzione educativa, è anche fondamentale per gestire la crisi sociale, l’aumento della violenza, la difficoltà di verbalizzare e affrontare i propri sentimenti. La cittadinanza attiva e consapevole altro non è che la capacità di tenere insieme la sfera cognitiva e quella emotiva.

La crisi di questo tempo si combatte iniziando a investire sulla valorizzazione dei docenti, sulle dotazioni tecnologiche, sul tempo scuola, sull’offerta formativa, sui percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, sul rafforzamento della comunità educante, sui servizi integrati per l’infanzia. Investire in queste direzioni diventa di primaria importanza per ridare speranza a un’intera generazione. La priorità politica deve essere quella di ridare dignità, qualità e autorevolezza alla scuola. Una priorità che deve riguardare non solo le istituzioni ma tutte le agenzie educative e che deve passare da un potenziamento dei servizi, fin dalla prima infanzia, con la costruzione di una “comunità educante” per fornire una pluralità di nuovi servizi, basati anche sull’integrazione tra pubblico e privato  che rispondano ai cambiamenti in atto, per soddisfare la pluralità di bisogni ed esigenze. Per recuperare una programmazione sul lungo periodo devono essere coinvolte le istituzioni con tutte le forze della società civile, perché siano partecipi e si facciano promotrici di idee che coinvolgano l’intera comunità educativa, cruciali in questa fase ma anche sul lungo periodo.

La scuola dovrebbe rappresentare un elemento in grado di impattare sulle opportunità di progetti di vita del minore, mentre spesso, nel nostro Paese, resta un’occasione mancata. Nel contesto dell’emergenza educativa, a preoccupare molto, oltre alla dispersione scolastica e alla scarsa qualità del sistema di istruzione, c’è l’enorme divario tra Nord e Sud in materia di investimento relativo sull’infanzia e sui nidi.

La crisi ha profondamente cambiato il volto delle nostre comunità, rimettendo in primo piano la necessità di restituire centralità alla persona nella sua complessità e, di conseguenza, ripensando i servizi territoriali nella chiave della prossimità e della multidisciplinarità. In questo quadro, la scuola si qualifica come elemento fondamentale di ricostruzione e sviluppo di comunità perché è l’istituzione indispensabile per tenerla unita, farla crescere e permettere ai più giovani di partecipare e essere inclusi nella vita collettiva, nel nesso inscindibile tra sviluppo ed educazione. Questa legge di bilancio mortifica questa esigenza vitale per un Paese sempre più arido.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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