Vanna Iori

Se non si lavora sull’educazione, quando usciranno dal carcere saranno ancora più aggressivi

Se non si lavora sull’educazione, quando usciranno dal carcere saranno ancora più aggressivi
09/09/2023 | Categorie: Huffington Post, Media Press, Minori


Stiamo vedendo da troppo tempo l’aumento di una violenza minorile divenuta una emergenza che impone interventi per azioni concrete ed efficaci. Il disagio giovanile è un fenomeno drammatico e complesso che non si può affrontare soltanto in un quadro repressivo e sanzionatorio senza volerne comprendere le cause. La cronaca ci riporta ogni giorno i comportamenti, i gesti, gli atti che ci lasciano sgomenti o impauriti, ma innanzitutto occorre conoscere i vissuti che li hanno generati e cercare di trovare soluzioni, avendo ben chiaro che la risposta principale consiste nel costruire e condividere prospettive educative e preventive.

Lavorare per sradicare le radici di questo fenomeno è complesso e non sarà sufficiente un blitz estemporaneo a favore di telecamera per dare la sensazione di agire. Nella maggior parte dei casi i ragazzi che abbandonano la scuola vengono reclutati dalla criminalità e avviati allo spaccio, vivono in contesti degradati con famiglie fragili, povere e incapaci di sostenere ed educare i propri figli. Vivono in realtà dove spesso la criminalità organizzata riesce a sostituirsi allo Stato. E non è solo sanzionando o ricorrendo al carcere che si potranno dare opportunità a questi ragazzi: se non si lavora dentro le istituzioni penitenziarie per un recupero socio-educativo, quando usciranno dal carcere saranno ancora più aggressivi.

Il card. Zuppi presidente della Cei, afferma: “L’inasprimento delle pene può essere un deterrente per affrontare una situazione che ha caratteristiche nuove, ma occorre investire ad esempio sulle carceri minorili, aiutare il reinserimento dei minori che lasciano gli istituti di pena, lavorando sulla giustizia riparativa, garantendo i mezzi e la continuità perché possa svolgere il suo ruolo”. Il grave problema dei reati e delle violenze dei e tra i minori si affronta con la prevenzione, con la presenza delle istituzioni: il nostro primo compito è agire per impedire che queste violenze accadano. Il termine “bonifiche” può rassicurare ma non dice la verità e cioè che le periferie sono state abbandonate dallo Stato e per questo sono diventate luoghi di paura, di rabbia, di violenza dove la povertà è il comune denominatore e le politiche sociali completamente assenti.

Chi dovrebbe farsi carico della responsabilità di agire su questo contesto? Scegliere la strada sanzionatoria e punitiva, dal Daspo urbano alle sanzioni per i genitori, significa accettare l’ineluttabilità della condizione di chi abita quei luoghi e l’impossibilità di percorrere altre strade. Quale percorso educativo può esserci per un minore, nel momento in cui si facilita il suo ingresso in carcere? La punizione è un aspetto necessario e non va certo trascurata, ma senza una responsabilizzazione collettiva non basta.

Una insegnante di Caivano ha detto una cosa fondamentale: l’esercito di cui hanno bisogno è fatto di insegnanti, educatori, assistenti sociali, operatori della cultura. C’è bisogno di costruire una comunità educante che offra opportunità e fornisca strumenti e servizi. Una comunità che lavori nel territorio per accompagnare le fragilità e dare risposte ai bisogni. Bisogna assumersi la responsabilità di contrastare le solitudini, di creare lavoro per famiglie che non lo hanno, di riqualificare le periferie. Il compito dello Stato è fare proposte, costruire servizi, investire sulla scuola, creare lavoro e non rispondere a ogni problema di ordine sociale con un decreto che inasprisce le pene. Compito dello Stato è riempire il vuoto che ha contribuito a creare, lasciando che si producessero contesti in cui mancano le condizioni minime per vivere in sicurezza e guardando con fiducia al domani. Tutto il resto significa accettare di aver fallito e voltarsi dall’altra parte.

“Non abbiamo bisogno di più polizia, ma di normalità” ha dichiarato un preside di una scuola di Caivano, di illuminazione stradale, vigili urbani, messa in sicurezza della scuola, tempo pieno, mense, sport. Questo significa dire a quei ragazzi che il loro destino non è già segnato in modo inesorabile. E questo è il compito più difficile ma indispensabile: prevenire e dare opportunità concrete con la formazione, i servizi educativi, sociali, culturali che coinvolgano tutta la comunità e rendano a suo fondamento la dignità esistenziale e progettuale.09




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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