Vanna Iori

Un nuovo valore dell’assistenza per dare dignità all’esistenza degli anziani

Un nuovo valore dell’assistenza per dare dignità all’esistenza degli anziani
22/03/2023 | Categorie: Anziani, Huffington Post, Media Press


Approvate alla Camera, dopo il voto positivo del Senato, le deleghe al governo in materia di politiche per le persone anziane. Una riforma attesa da quasi 3 milioni di anziani non autosufficienti, che diventeranno 5 milioni entro il 2030. Si tratta di un’emergenza per il Paese visto che si riferisce a un’età che si estende per un terzo della vita e si dispiega in modo molto eterogeneo, ma non era prevista una programmazione sociale che tenesse conto delle singole specificità.
Ora bisogna attivare tutti i modi per uscire dalla mera logica dei piani “assistenziali” ed entrare in quella dei progetti “esistenziali”: gli anziani sono persone che meritano dignità, rispetto e cura, ancora di più se teniamo contro che siamo il paese più vecchio d’Europa, con 14 milioni di over 65. Le cronicità e il long term care sono elementi con cui si misurerà l’esistenza della maggior parte dei cittadini e che richiedono servizi più adeguati e meno frammentati di quelli attuali. Si dovrà riorganizzare un intero segmento del nostro welfare, ripensando modelli che tengano conto della presa in cura di persone che, spesso, invecchiano in solitudine, con malattie croniche legate alla maggiore longevità. E anche sul versante sanitario si dovrà rivedere la medicina territoriale, fornire modalità di assistenza domiciliare innovative, efficaci e sostenibili.
Accanto all’utilizzo delle tecnologie più avanzate della telemedicina, occorrerà dunque investire sulla formazione del personale nella conoscenza degli aspetti esistenziali e relazionali per l’umanizzazione delle cure, anche attraverso la valorizzazione del ruolo delle associazioni del Terzo settore e il potenziamento del ruolo del caregiver.
Dobbiamo rimettere al centro di questo tempo la cultura del welfare pubblico, dell’assistenza, della cura, la promozione del diritto a una vita dignitosa per tutti. Si tratta di un provvedimento importante, ma è chiaro che senza risorse sufficienti rischia di rimanere scatola vuota, soprattutto per gli aspetti che riguardano i servizi per la domiciliarità, la residenzialità e l’investimento sul fondamentale ruolo del lavoro di cura.
Proprio da questo punto di vista stiamo affrontando negli ultimi tempi una seria emergenza derivante del calo significativo di persone disponibili a lavorare nei servizi sociali e socio-assistenziali riferiti alla cura delle persone più fragili. Si fatica a trovare assistenti sociali, Osa, Oss, educatori. I giovani sembrano aver perso la vocazione ai servizi di cura e non desiderano più intraprendere professioni che li facciano occupare dei più fragili, a partire dagli anziani. Serve dunque un rafforzamento sociale di queste professioni che oggi risentono di una cultura che non si fonda più sul noi ma sull’io, oltre a un necessario investimento retributivo.
Prendersi cura si può, ripensando in primo luogo il modello stesso dell’aver cura. Oggi molte persone, che si trovano in una situazione che non consente possibilità di miglioramento fisico, finiscono per concepire il futuro come tempo privo di ogni altra possibilità. La situazione della malattia deve essere connessa alla possibilità di concepire invece un futuro, una speranza, un progetto. In questo senso, il territorio è il luogo che risponde meglio alla riorganizzazione della rete ospedaliera.
Tre sono le parole d’ordine: completezza, vicinanza e continuità delle cure al fine di configurare un modello di offerta territoriale capace di garantire la presa in carico complessiva e in particolare quella di persone con una malattia cronica o con disabilità o non autosufficienza. In alcune aree del Paese, in particolar modo nelle Regioni in piano di rientro, la famiglia si fa carico dei bisogni socio-sanitari insoddisfatti, a causa delle carenze e inefficienze della rete dei servizi sanitari e sociali. Occorre perciò individuare gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici che consentono di assicurare a tutti i cittadini in tutto il Paese parametri uniformi dell’assistenza territoriale. Questi strumenti consentirebbero anche di uscire dalla logica destrutturata e a macchia di leopardo, superando le disparità territoriali, rese sempre più evidenti dalla crisi sanitaria. Per riuscirci abbiamo bisogno di un’innovazione necessaria che parta dal territorio per sostenere un sistema di cure territoriali e domiciliari funzionante e produttivo. Appare dunque necessario pensare ad una sanità territoriale “nuova”, ispirata ad una visione in grado di rispondere alla domanda di salute e di benessere emotivo nel presente e nel futuro del Paese.

Il nostro impegno non può prescindere dalla costituzione di una rete coordinata, flessibile e integrata fondata sulla persona e costruita su servizi diversificati che riescano a intercettare tutte le fasi e le sfaccettature dell’invecchiamento. Una rete che riesca a sviluppare politiche di comunità ricreando, nei diversi contesti sociali, un tessuto di relazioni tra le persone che sia in grado di includere chi è lasciato solo, chi soffre di isolamento, chi non ha più la forza per farsi la spesa o per farsi da mangiare. Una rete che valorizzi i professionisti del settore e la forza straordinaria del volontariato. La politica e le istituzioni hanno il dovere di costruire politiche capaci di garantire agli anziani una vita degna di essere vissuta fino alla fine, possibilmente nei luoghi a loro cari e sentendosi parte della comunità. Diamo valore al lavoro di cura e all’impegno di promuovere e garantire la qualità dell’assistenza degli anziani.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *