Su HP: “Quei palloncini rosa macchiati dal sangue a Manchester”
Nelle prime e concitate immagini amatoriali che arrivano dagli smartphone delle teenager che ieri sera sono accorse alla Manchester Arena per ascoltare la loro beniamina Ariana Grande rimbalzano prepotentemente tanti palloncini rosa.
Il terrorismo ha compiuto un altro salto in avanti, prendendo di mira questa volta un target ben definito, perché il pubblico di Ariana Grande è sempre stato – e lo era anche ieri – un pubblico di ragazze adolescenti. Dopo il Bataclan, dove sotto il fuoco dei terroristi finirono tantissimi giovani, maschi e femmine, e dopo Orlando, dove fu presa di mira la comunità gay, il terrorismo questa volta ha scelto di spargere terrore tra le adolescenti.
Forse contrario a quella voglia di vivere e di divertirsi? Difficile, a caldo, fare considerazioni sulle motivazioni che hanno spinto gli attentatori a dare vita a una strage enorme, che spezza il fiato perché spezza giovani vite innocenti e altrettante famiglie che, magari con qualche titubanza, avevano dato il permesso ai propri figli per andare insieme ai loro amici a vedere il concerto della loro popstar preferita.
Un messaggio, però, è chiaro. Il terrorismo ha agito in un luogo ben preciso e colpendo una categoria ben precisa. Non è stata la furia di un tir impazzito che si è lanciato contro una folla, come è avvenuto a Nizza. Non è stato un kamikaze, che ha premuto il detonatore dell’esplosivo in un luogo indefinito e caratterizzato dalla presenza di diverse tipologie di persone come l’attentatore all’aeroporto Zaventem di Bruxelles.
Questa volta è toccato a migliaia di ragazzine in festa. E quei palloncini rosa che da simbolo di vita si sono trasformati in simbolo di violenza e di morte appaiono ora come un segno beffardo.