Vanna Iori

Su HP: “Dopo gli smartphone, saranno i droni ad entrare nella nostra vita?”

Su HP: “Dopo gli smartphone, saranno i droni ad entrare nella nostra vita?”
10/03/2017 | Categorie: Huffington Post, Media Press


Il mio nuovo articolo pubblicato oggi, venerdì 10 marzo 2017, sul mio blog sull’Huffington Post Italia.

 

Una recente ricerca della Doxa mette in evidenza come solo il 40% degli italiani sappia cosa sia un drone, seppure lo riconosca come un aereo impiegato in teatri di guerra, spesso responsabile dell’uccisione di civili innocenti. Non è ovviamente solo questo perché i droni sono oramai entrati anche della nostra vita quotidiana, seppur ancora limitati a scopi particolari e utilizzati per lo più da appassionati amatoriali o da studiosi per ricerche scientifiche piuttosto che in situazioni di emergenza come le ricostruzioni post-terremoto.

I droni non vanno demonizzati, ma come qualsiasi strumento in grado di acquisire dati personali e quindi sensibili, non vanno neppure sottovalutati. È opportuno approfondire tutte le sfaccettature che rischiano di trasformare un gioco in un pericoloso strumento a danno della privacy altrui e propria, oltre che alla sicurezza.

Al momento il mondo dei droni è ancora vincolato a norme che ne limitano la diffusione: in Italia è possibile utilizzarli fino al limite dei 25 kg di peso, mentre in Francia questo tetto è elevato fino ai 150 kg sia per i voli a vista che per quelli da remoto. L’Icao, l’autorità internazionale per l’aviazione civile, sta lavorando a delle linee guida generali alle quali dovranno adeguarsi i paesi aderenti all’organizzazione entro il 2018.

Il drone è diventato anche uno strumento in mano ai bambini e agli adolescenti. Basta visitare i siti dei principali shopper online per rendersi conto di come si stia affermando, sempre di più, l’equazione drone=giocattolo. Sono venduti con slogan accattivanti come ad esempio: “I migliori droni per bambini, facili da guidare e davvero sicuri”.

Nessuno sembra preoccuparsi del fatto che su questi droni siano installate delle videocamere capaci di catturare tutte quelle immagini che rientrano nel raggio d’azione degli apparecchi elettrici volanti. È fondamentale prendere tutte le dovute precauzioni specialmente se finiscono nelle mani dei bambini senza l’assistenza di figure adulte.

Al di là dell’utilizzo da parte dei minori, il mondo che ruota intorno al drone apre un interrogativo più ampio, quello del rapporto tra l’uomo e la macchina. L’evoluzione tecnologica ha stratificato nel tempo una convinzione, quella cioè che l’uomo sia l’utilizzatore e la macchina uno strumento, piegato a uso e desiderio della volontà umana.

Il drone rischia di ribaltare questa prospettiva, delineando uno scenario nuovo e tutto da decifrare. In altre parole: la macchina è neutra e l’uomo la può usare per scopi malvagi o benefici? Oppure la presenza di queste macchine finirà per modificare anche il comportamento umano?

Il drone sembra andare nella dimensione del secondo quesito. Se un drone, ad esempio, viene utilizzato per spiare dentro le abitazioni private, come avvenuto recentemente, è evidente che è il comportamento umano a risultare condizionato dalla tecnologia. Ma chi invia il drone a scopo delinquenziale è pur sempre una persona che “decide” l’uso della macchina.

Fino a che punto si spingerà, quindi, l’uomo nella nuova veste di “vittima” della tecnologia? Gli smartphone e più in generale la Rete hanno già dato prova degli effetti collaterali negativi che possono scaturire dall’uso distorto della tecnologia. Quando cioè i social network arrivano al punto di orientare i comportamenti dal vivo, e persino il nostro umore, è evidente che la macchina ha vinto.

L’utilizzo dei droni, quindi, implica anche l’assunzione di questa consapevolezza e di etica umana. Vale per bambini e adolescenti, ma vale anche per gli adulti. Perché una macchina, anche la più perfetta, non è grado di provare sentimenti. Almeno per il momento.

Finché non si apra un mondo di “replicanti”, come in Blade Runner, in cui i sentimenti e le emozioni saranno perduti tra gli umani, e diverrà difficile distinguere persone e replicanti. Forse nella degenerazione del rapporto uomo-scienza e nelle conseguenze della dis-umanizzazione di una scienza priva di senso, perché non si cura più dell’esistenza umana, si gioca l’incertezza del nostro futuro.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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