Vanna Iori

Contro lo stupro, partiamo dall’educazione

Contro lo stupro, partiamo dall’educazione
30/08/2023 | Categorie: Huffington Post, Media Press


L’orrore dello stupro di Palermo e di quello di Caivano compiuti dal branco contro ragazzine, alcune ancora preadolescenti fa sorgere alcune domande: perché nessuno di quei giovani ha detto “basta”? Perché nessuno di quei giovani ha considerato che quella ragazza era una persona, un essere umano e non un oggetto? Come è possibile compiacersi della brutalità compiuta, esibendola o utilizzando un linguaggio pieno di disprezzo e disumanità? Perché lo Stato non è in grado di costruire alcun presidio nelle zone di marginalità, consegnando una generazione al completo abbandono e a una deriva umana ed esistenziale senza precedenti? Rispondere a queste domande serve a capire le ragioni profonde di ciò che è accaduto e che va, purtroppo, molto oltre la brutale violenza consumata in questi giorni.

Questo è un Paese in cui le donne continuano a essere uccise dagli uomini e dove nei tribunali si scrivono sentenze con stupratori assolti perché non avevano capito che lei non fosse d’accordo o dove si giunge a colpevolizzare la vittima che “se l’è andata a cercare”. Si tratta di una dimensione culturale deteriore profonda che riguarda tutti. Si chiama cultura dello stupro ed è quella difficoltà, e incapacità culturale, a riconoscere le situazioni in cui avviene la violenza, la tendenza a minimizzare, ad assegnare alle donne responsabilità che non hanno. E così l’amore diventa niente altro che la rivendicazione di un possesso sul corpo della donna che si trasforma in un oggetto di proprietà del maschio. Un atteggiamento che apre una voragine e che mina un diritto umano, quello di vivere libere dalla violenza e di essere libere nell’autodeterminazione sessuale. Secondo un’indagine Istat sugli stereotipi legati alla violenza sessuale il 23,9% degli intervistati attribuisce alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita per il modo di vestire o se sotto effetto di alcool e droghe per il 15,1%. È questo humus culturale che deve essere sradicato.

La deumanizzazione, la mancanza di alfabeti emotivo-affettivi e un linguaggio che diventa sempre più violento, soprattutto per quel che concerne la sfera del rapporto sessuale, sono gli elementi che emergono e che contraddistinguono anche molti giovani che non arrivano a macchiarsi di questi agghiaccianti reati. Un’immagine della donna che deve essere dominata fisicamente dal maschio. Questo è l’immaginario con cui crescono i giovani e non è strano perché purtroppo nelle scuole non si insegna l’educazione ai sentimenti, alla relazione tra generi, alla sessualità responsabile, combattendo gli stereotipi di genere e i pregiudizi che sono  terreno di cultura per la violenza e la discriminazione. E si discute pochissimo di queste cose in famiglia. Il risultato è l’aumento di persone che non hanno imparato a considerare l’altro come un essere umano, nello specifico le donne, ad assumere il rispetto del loro corpo-persona, relegandole a quello di corpo-cosa che può essere usato, venduto, stuprato.

Questo è il prodotto di una pessima educazione anche da parte degli uomini che hanno intorno. Gli uomini imparano a fare gli uomini dagli altri uomini in una società dove regna una cultura patriarcale. Ecco credo che il dramma degli stupri, e dei tanti che si consumano nel silenzio delle vittime, risieda in una cultura profondamente maschilista che va disarticolata per costruirne una nuova. Un’operazione lunga e complessa che parte dal lavoro nelle scuole e dalla costruzione di un’alleanza educativa con le famiglie. Purtroppo punire (che è sacrosanto) non basta. Senza un lavoro di educazione culturale saremo sempre qui a discutere di deumanizzazione e brutalità, assuefatti al male. In questo quadro è indispensabile e urgente un investimento strutturale sulla comunità educante: a Caivano lo Stato ha abdicato, trasformando quel territorio in una terra di nessuno dove non esiste la benché minima rete di protezione sociale. Non c’è un presidio, non arrivano educatori, assistenti sociali.

È urgente che in queste zone, dove altissimo è l’abbandono scolastico e la povertà educativa, si costruiscano reti di sostegno attraverso un lavoro coordinato di scuole, enti locali, realtà sportive, associazioni, parrocchie, fondazioni, servizi sociali, terzo settore per aiutare i giovani abbandonati a loro stessi e famiglie, spesso assenti o incapaci di offrire percorsi educativi. Penso a una comunità che accompagni i giovani attraverso una co-progettazione dove ogni interlocutore, nella chiarezza dei ruoli e delle funzioni, lavori per costruire una rete di tutele e opportunità. Le risorse del PNRR per la riqualificazione delle periferie o contro la dispersione siano usati per combattere davvero il degrado urbano, la povertà educativa, la cronica assenza di servizi e presidi sociali, andando oltre politiche emergenziali o passarelle per creare un sistema di protezione sociale strutturato e ordinario. Si riconosca finalmente la necessità di realizzare un sistema integrato tra servizi educativi, scoiali, culturali per il contrasto della povertà e della violenza di genere, finanziato dallo Stato, che aiuti a costruire un futuro più umano per centinaia di migliaia di giovani.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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