Vanna Iori

Il dimensionamento scolastico toglie opportunità ai ragazzi e allo sviluppo del Paese

Il dimensionamento scolastico toglie opportunità ai ragazzi e allo sviluppo del Paese
24/07/2023 | Categorie: Huffington Post, Media Press, Minori, Scuola


La prima legge di bilancio del governo Meloni ha previsto norme pesanti in materia di dimensionamento della rete scolastica e nella determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga). Un dimensionamento che porterà al taglio di numerose istituzioni scolastiche (8,8 per cento in meno nei prossimi tre anni), ad accorpamenti che avranno un impatto negativo sulla qualità della vita scolastica di molti studenti, soprattutto nelle aree più fragili, come quelle interne e del Mezzogiorno. Una razionalizzazione miope e di corto respiro che consentirà al governo di risparmiare 90 milioni di euro che neppure saranno immediatamente reindirizzati alle scuole per migliorare l’offerta formativa e potenziare la didattica.

L’accorpamento degli istituti si configura, pertanto, come un vero e proprio taglio che andrà a colpire le regioni e i territori più deboli, incentivando lo spopolamento dei piccoli centri, accrescendo la povertà educativa, l’abbandono scolastico e incrementando i divari territoriali. Si tratta di una scelta politica che si colloca in continuità con quanto già realizzato in passato dai governi di destra -penso a Moratti e Gelmini- attraverso una visione esclusivamente economicista della scuola, considerata un settore da cui ottenere risparmi di spesa destinati ad altre voci di bilancio.

Come si può garantire un’istruzione dignitosa e uguali diritti a tutti gli studenti in queste condizioni? Un paese è la sua scuola: sapere, conoscenza, emancipazione. Se è sana la scuola è sano il paese, se è democratica la scuola, è democratico il paese. Senza scuola, senza sapere e senza competenze, di qualità, aggiornate, sempre in progressivo miglioramento, non c’è lavoro, non c’è presente, e non c’è democrazia.

La scuola italiana non è solo il luogo della trasmissione neutra di saperi e competenze, ma è il luogo in cui si disegna l’identità del Paese. Tutto e tutti passano dalla scuola. L’educazione è fondamentale per costruire una società aperta e inclusiva, basata su valori comuni, costituzionali.

Il governo, per giustificare questa scelta, sostiene che la norma si è resa necessaria per dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista dalla Missione 4 Componente 1 del PNRR, individuato come «parametro efficace» per individuare i plessi accorpati ad altri istituti. La colpa, insomma, è sempre di qualcun altro. Ma la verità è un’altra e basta leggere i documenti per conoscerla. Non è il PNRR ad indicare quei requisiti numerici relativi al numero di alunni: quella è stata una scelta ben precisa del Ministero che ora si affanna a cercare giustificazioni o altri responsabili.

Le Regioni, che dovrebbero gestire la riorganizzazione, sono escluse e obbligate a seguire i dettami dell’esecutivo. Anche alcune Regioni guidate dal centrodestra hanno espresso la loro contrarietà. E non è un caso che Toscana, Campania, Puglia, Emilia Romagna abbiano impugnato la norma davanti alla Corte Costituzionale. “Se si determinano condizioni di minore prossimità con la gente, per l’accorpamento – ha spiegato il presidente della Toscana Eugenio Giani – è evidente che si dà spazio a un’istruzione che trova altre forme di espressione quali, probabilmente, l’istruzione privata, questo è un errore”. Ma è chiaro che queste norme sono lesive delle competenze regionali in materia di istruzione e autonomia scolastica ex commi 3 e 6 dell’articolo 117 della Costituzione, nonché dei principi di cui agli articoli 5, 118 primo e secondo comma, e 120 della Carta, ovvero ciò che riguarda la leale collaborazione e sussidiarietà, il mancato rispetto delle procedure di coordinamento Stato-Regioni in materia di scuola e delle disposizioni che regolano l’esercizio del potere sostitutivo. Le norme in questione individuano i parametri correttivi per determinare e ripartire i contingenti dei dirigenti scolastici, prevedendo una riduzione degli organici da parte dello Stato in modo unilaterale.

C’è da temere seriamente che l’autonomia scolastica differenziata e il dimensionamento immaginato dal governo porteranno all’eliminazione di centinaia di posti, di cattedre, di personale. E comunque, laddove non si proceda alla chiusura dei plessi, se ne modificano le dimensioni, eliminando di fatto quelle sedi sottodimensionate in favore di sedi scolastiche più grandi, ma con personale ridotto.

Quando elenchiamo gli obiettivi del nostro sistema d’istruzione prima che di capitale umano dovremmo tornare a parlare di sviluppo della persona, di diritti e di doveri, e affermare l’universalità sostanziale del diritto all’istruzione del cittadino, a prescindere dal contesto a cui si appartiene come un diritto umano e civile e come tale da assicurare a ciascuno. Come si può perseguire questo obiettivo tagliando le risorse, accorpando gli istituti e riducendo il personale?

La nostra è ancora una scuola diseguale, che cura i sani e lascia indietro i malati, come diceva don Milani, visto che la mappa dei divari nei rendimenti, oggi come 50 o cento anni fa combacia con la mappa dei divari economici, che poi sono divari tra Nord e Sud, tra centro e periferie. Quelli che non appaiono come capaci e meritevoli in realtà sono ragazzi a cui non sono state date uguali opportunità e sostegno e i loro demeriti sono spesso il risultato di ciò che non abbiamo dato piuttosto che il frutto del loro disimpegno. Il Ministero, con queste scelte, lascerà indietro molti e accrescerà il divario culturale e sociale.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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