Vanna Iori

L’infanzia negata: bambini che crescono in carcere

L’infanzia negata: bambini che crescono in carcere
31/03/2023 | Categorie: Educazione, Genitorialità, Media Press, Minori


Niente più bambini in carcere con le loro madri: un principio di civiltà che dovrebbe essere uno dei fondamenti dello Stato di diritto. Era questo l’obiettivo della proposta di legge del Partito Democratico per la tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori, in discussione nei giorni scorsi alla commissione Giustizia. Ma l’8 marzo il testo è stato bloccato da una serie di emendamenti avanzati dalla maggioranza di Fratelli d’Italia che miravano a stravolgere il testo. Per questo il gruppo parlamentare del Pd ha deciso di ritirare la proposta per impedire che fosse usata per fini assolutamente non condivisibili.

La colpa di questi bambini? Una madre detenuta, spesso giovane e straniera e una legge che li costringe a sperimentare, in molti casi fin dai primi mesi di vita, una crescita dietro le sbarre, anziché nella esperienza educativa che sarebbe loro diritto vivere  nei luoghi dell’infanzia. Come possiamo dimenticare l’attenzione e la responsabilità verso la crescita di questi bambini? Risulta molto grave la scelta della maggioranza di governo che si assume la responsabilità di non cancellare la vergogna dei bambini costretti a nascere e a trascorrere la loro prima infanzia in carcere. C’è una ferocia e una disumanità nella rivendicazione di questa decisione che lascia sgomenti: evidentemente non hanno mai visto i bambini che piangono perché vorrebbero andare fuori alla luce, giocare con altri bambini e non possono andare; non hanno mai parlato con i medici che raccontano il rapporto malato dei minori con lo spazio ristretto da cui avranno per sempre memoria; non conoscono i problemi di vista di molti dei minori cresciuti in carcere, abituati alla sola luce al neon. Va detto chiaramente che la condizione detentiva non è compatibile con l’educazione, con un equilibrato sviluppo e con la salute dei minori che crescono sì con la presenza quotidiana della madre, ma in un contesto che è la negazione stessa dell’infanzia: la detenzione, dato che non si può uscire, ci sono le sbarre alle finestre. E di notte ridiventano celle.

Le pene per le madri andrebbero scontate in case famiglia protette, luoghi inseriti nel tessuto urbano seppur controllate. Ne esistono due: una a Milano e una a Roma, dal nome di Leda Colombini, partigiana che si è occupata per una vita dei bambini in carcere. Il modello delle Icam (Istituti a custodia attenuata per madri detenute) costituirebbe sicuramente un primo passo di una prospettiva educativa e rieducativa. Devono essere previsti anche i rapporti con strutture educative esterne che consentono di giocare e apprendere nei luoghi condivisi con i coetanei.

Le forze politiche che hanno determinato l’affossamento dell’intera proposta di legge si sono assunte la responsabilità di aver arrestato un percorso di civiltà che mirava unicamente a superare il problema dell’incarcerazione dell’infanzia e ad affermare la tutela della salute psicofisica dei bambini su ogni altra ragione o interesse pubblico e politico.

Il diritto fondamentale all’educazione dovrebbe essere un obiettivo prioritario per una politica seria: lavorare per istituire case famiglia in modo che sul territorio ci siano luoghi sicuri e accoglienti in grado di rispondere al benessere del minore, alla tutela della relazione genitoriale e all’esigenza di giustizia.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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