Vanna Iori

Sull’agenzia di stampa Dire: “Onestà emotiva per spiegare la separazione ai figli”

Sull’agenzia di stampa Dire: “Onestà emotiva per spiegare la separazione ai figli”
02/11/2016 | Categorie: Dire, Famiglia, Genitorialità, Media Press


Il mio articolo di oggi, mercoledì 2 novembre 2016, pubblicato sulle pagine dell’agenzia di stampa Dire.

 

Come lo dico, ora, ai miei figli? Quante volte questo interrogativo lo abbiamo sentito risuonare nelle parole di un parente, di un amico o di un conoscente che ha deciso di separarsi dal proprio partner e non sa quali parole utilizzare per non ferire i propri figli?

Eppure questo interrogativo può trovare una risposta rassicurante nell’onestà emotiva. Non nascondere il conflitto di coppia ma parlarne, e parlarne insieme, può rappresentare lo strumento concreto per trasformare il dolore della separazione in un’occasione di crescita per i ragazzi.

Spesso i genitori non raccontano la verità sui motivi che li hanno condotti alla separazione, perché sono loro stessi troppo confusi e sconvolti e perché si sentono privi delle capacità di comunicare emozioni e sentimenti che faranno soffrire i figli.

I genitori che non parlano per paura di coinvolgere i figli nei loro drammi ritengono magari di proteggerli ma, come afferma Françoise Dolto, “rispettare la dignità di un bambino è dirgli la verità tanto su quel che cementa la vita comune dei genitori uniti, quanto su quel che produce la vita disunita dei genitori portati a separarsi”.

Certamente vedere un genitore urlare o piangere è un’esperienza che turba i bambini. Per “onestà emotiva” la coppia in crisi dichiarerà le proprie apprensioni, senza cercare di nascondere o mascherare le difficoltà.

Non è facile spiegare che i genitori mitizzati sono semplicemente persone con le loro debolezze emotive, le loro fragilità affettive, le difficoltà relazionali, i loro errori e le loro fallibilità. Ma può e deve essere spiegato che la separazione è un evento solo coniugale, mai genitoriale.

Nonostante la mamma e il papà non vivranno più insieme, i figli continueranno a essere il bene più prezioso per entrambi, nessuno dei due ha intenzione di abbandonarlo.

Nel timore di fornire risposte sbagliate troppi genitori scelgono il silenzio: preferiscono, per esempio, rinviare il momento in cui annunciare ai figli la loro decisione e, di rinvio in rinvio, finiscono per convincere se stessi che i ragazzi hanno già capito senza bisogno di dare delle spiegazioni, oppure che non sono in grado di capire.

Il momento più difficile in assoluto, nella fase che precede la separazione, è l’annuncio ai figli della decisione presa: i ragazzi provano sempre sofferenza nell’apprendere la separazione dei genitori, trovandosi di fronte a un evento doloroso e ineluttabile. Persino quando sembrano desiderare la fine di un clima di violenza e di tensione insopportabile, l’annuncio della separazione provoca più turbamento che sollievo e serenità.

I genitori, anche se animati dalla sincera volontà di mantenere il dialogo con i figli e di non sottrarsi alla responsabilità delle spiegazioni, talvolta non concordano sulle modalità di comunicazione: quasi sempre discutono a lungo prima di decidere chi, in che modo e quando dire come stanno le cose, se parlare separatamente o assieme, se prepararli in anticipo o informarli nell’imminenza della separazione.

Solo talvolta si rivolgono a qualche esperto per chiedere aiuto su come “preparare” i figli, leggono, si documentano, sforzandosi di ridurre la sofferenza. Quali possono essere, dunque, le strategie educative più idonee a questo decisivo momento?

Innanzitutto entrambi i genitori, anche se fortemente esacerbati reciprocamente, dovrebbero comunicare insieme la decisione per evitare che venga colpevolizzato uno dei due per l’assenza dell’altro. Questo è ovviamente molto difficile da realizzare quando la coppia sta vivendo un conflitto così forte da rendere impraticabile trovare un accordo su ciò che deve essere detto ai figli, su come prepararli e come giustificare la scelta.

Quando poi i genitori sono riusciti a trovare le parole adatte per “l’annuncio”, devono continuare a mantenersi in dialogo, anche se sarebbero desiderosi di passare oltre, di non tornare più sul discorso, poiché la situazione comunicativa è stata per loro molto dolorosa da sostenere.

I figli invece non vorrebbero chiudere in fretta un argomento che continua a mantenere molti punti oscuri e spesso chiedono di ritornare sulla questione, continuano a porre domande per molto tempo, anche per anni, persino divenuti adulti.

Altri reagiscono, anziché con le domande, chiudendosi in un muto rifiuto di parlare della questione, poiché si tratta in ogni caso di un trauma doloroso che richiede molto tempo per essere accettato. Magari dopo anni, guardando una lontana fotografia che ritrae la famiglia originaria, i genitori si sentono domandare: “Perché vi siete separati?”.

È perciò necessario rimanere disponibili a offrire risposte anche per lunghi periodi, ad accettare i commenti (talvolta spiacevoli), per favorire le rielaborazioni dell’abbandono ed evitare che – in particolare i più piccoli – tendano ad addossarsi la colpa.

I figli devono essere liberi di fare domande, di capire, di conoscere, anziché rimuginare in solitudine le proprie ansie. Certamente inopportuno è esortare i figli a essere coraggiosi e a “non pensarci”: un simile atteggiamento precluderebbe il dialogo educativo.

Piuttosto i ragazzi dovrebbero essere incoraggiati a porre domande e sentirsi agevolati a esprimere e manifestare il dolore, la rabbia, la depressione. Ma come offrire ai figli una spiegazione onesta e plausibile, che abbia un senso per la loro capacità di interpretare e comprendere la realtà?

Una motivazione può essere individuata nell’infelicità matrimoniale, nonostante la volontà e i tentativi falliti per cercare di trovare invano un accordo. Ma occorre sempre avere cura di ricordare che vi sono stati anche momenti di felicità e di amore tra i genitori, e che in seguito sarà possibile ritrovare ancora serenità, pur non vivendo più insieme.

Ogni autentico ed equilibrato dialogo educativo presuppone che i genitori siano disponibili a dar conto delle proprie scelte e dei propri percorsi.

La capacità di dialogare consente alla relazione familiare del “noi” di assumere il significato della communio e dell’autentico essere-insieme “in un rapporto che crea nuovi vincoli di fronte al destino”.

In questo caso, un destino di genitorialità che accomunerà gli ex coniugi per tutto il resto della vita. I genitori possono accogliere le inquietudini dei figli lasciandosi interrogare da loro e accettando di mettersi in discussione.




Flavio Maiocco

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