Vanna Iori

Le professioni sanitarie: tra aggressioni fisiche e fatiche emotive

Le professioni sanitarie: tra aggressioni fisiche e fatiche emotive
06/01/2020 | Categorie: Huffington Post, Media Press, Uncategorized


Sono sempre più frequenti le notizie di aggressioni contro il personale sanitario. Ieri un noto quotidiano nazionale, nel raccontare le notti da incubo, tra urla, minacce e aggressioni, in un pronto soccorso di Napoli, parlava di medici sotto assedio. Ed è un problema drammatico perché l’assistenza sanitaria riguarda tutta la società. In un momento storico dove sono sempre più forti le tensioni sociali, si sfibrano proprio i rapporti su cui si costruiscono le nostre comunità. Accade negli ospedali e nei presidi sanitari, ma anche nelle scuole dove anche gli insegnanti sono spesso visti come nemici da combattere e non come preziosi alleati. Le aggressioni contro il personale sanitario sono particolarmente inquietanti perché si tratta di violenze contro chi si prende cura di noi, nei momenti fragili della malattia. Eppure sembra che curare le persone oggi significhi affrontare diverse forme di rischio professionale.

E bene fa il Ministro Speranza a proporre pene più severe, unitamente a una battaglia culturale per far comprendere e tutelare il valore sociale di chi difende il diritto alla salute. Secondo un recente sondaggio Anaao Assomed il 65% dei medici dichiara di essere stato vittima di aggressioni fisiche o verbali. Questa percentuale impressionante sale all′80% per i medici in servizio nei Pronto Soccorso e al 118, proprio come avvenuto negli ultimi giorni. Nel 2019 i numeri ufficiali parlano di oltre mille episodi, senza tener conto delle aggressioni non denunciate che triplicherebbero il numero degli episodi di violenza. Una vera e propria emergenza che coinvolge persone che svolgono attività di cura in contesti emotivamente complessi e che, per questo, andrebbero maggiormente tutelate. Anche attraverso una migliore organizzazione dei turni di lavoro e una formazione alla relazione e alla gestione della propria vita emotiva. Non si deve dimenticare infatti che l’esposizione prolungata al dolore, nelle professioni mediche, è fonte di burnout e difficoltà emotive, anche forti, al punto che la letteratura scientifica segnala persino un tasso suicidario più elevato nei medici.

Non esistono relazioni di cura prive di emozioni. Il medico è sempre il “guaritore ferito” come il Chirone della mitologia. E l’atteggiamento di chi ostenta freddezza emotiva è spesso una maschera in cui, sotto l’apparente impassibilità, si nasconde una difesa. Le frequenti tentazioni di fuga verso il distacco emotivo sembrano garantire un riparo dalla sofferenza che il rispecchiamento inevitabile nella fragilità dell’altro comporta. Si ritiene invece che la dimensione emotiva debba essere negata, taciuta, nascosta. Le professioni sanitarie sono complesse e difficili e, spesso, il personale non è adeguatamente preparato a riconoscere, gestire e contenere l’aggressività dei pazienti e delle loro famiglie che non accettano il dolore di una diagnosi infausta o la morte di un familiare, o la malattia psichiatrica. Non è sempre facile l’empatia o la pazienza del prendersi cura. Riconoscere le tonalità emotive che entrano in gioco richiede una preparazione che solo raramente entra a far parte del bagaglio professionale. Se da una parte, dunque, è comprensibile in certi casi la protesta o la richiesta di attenzione, di responsabilizzazione nei confronti di possibili errori o di migliore comunicazione, dall’altra, non è accettabile che l’esercizio della professione medica sia oggetto di aggressione, impedito da eccessi drammatici e ingiustificati.

La relazione tra malato e medico è la relazione tra chi sta male e chi può guarirlo. Perciò si deve fondare sulla fiducia e il rispetto reciproco. Aggredire un medico è come aggredire sé stessi. Occorre dunque rileggere con occhi nuovi tutta l’organizzazione del lavoro, ponendo sempre al centro della relazione di cura le persone che, nella loro unicità, non possono essere incasellate, classificate, ridotte a organi. In una prospettiva di umanizzazione dei servizi è necessario potenziare il prendersi cura di chi si prende cura per un agire professionale fatto di abilità tecnica e competenza sanitaria ma anche di saggezza esistenziale.

 

Il mio articolo per Huffington Post




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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