Vanna Iori

Soggetti di diritti e non oggetti di cura, andiamo oltre la patologia

Soggetti di diritti e non oggetti di cura, andiamo oltre la patologia
03/12/2019 | Categorie: Diritti, Disabilità, Huffington Post, Media Press


Oggi è la Giornata mondiale delle persone con disabilità e vorrei proporre una riflessione su cosa significhi prendersi un impegno concreto che cambi davvero le politiche di welfare. Il primo passo che ancora non abbiamo compiuto in maniera consapevole e radicale è quello che deve spingerci a non pensare la disabilità solo in riferimento a politiche assistenziali, ma a un contesto molto più ampio di tutela dei diritti che deve investire la politica e l’amministrazione in tutte le sue articolazioni, nazionali e locali.

Si tratta, insomma, di mettere in campo risorse non soltanto per dare assistenza ma anche per riconoscere il diritto di ogni cittadino alla costruzione di progetti di vita e di piena realizzazione di sé. A partire, per esempio dalla possibilità di avere un lavoro, di formarsi adeguatamente, di costruirsi una famiglia, di poter vivere pienamente la dimensione di città accessibili, di avere strumenti per costruire un complesso di relazioni umane.

Parliamo di diritti universali che si fondano sul bisogno primario e inalienabile di ogni persona di libertà, autonomia, autodeterminazione, uguaglianza, di diritto a una vita autonoma. Tutti aspetti che contribuiscono in modo determinante a migliorare la  qualità democratica di un Paese. L’Italia ha ratificato la Convenzione Onu, la quale si fonda proprio sul riconoscimento che le persone con disabilità non godono di diritti “speciali”, diversi da quelli degli altri esseri umani e impone quindi agli Stati aderenti, come l’Italia, di assumere tutte le misure necessarie a garantire il pieno esercizio di tali diritti.

In questo senso, mi piacerebbe che questo governo continuasse a migliorare la legge sul “dopo di noi” che significa investire sulle risorse umane, professionali, economiche per dare sempre più dignità e accompagnare i percorsi personalizzati e autonomi di vita. Per noi l’autentica relazione di cura non può riferirsi esclusivamente a un corpo-organismo ma a un corpo-persona, con i suoi desideri, le sue ansie, le sue rabbie e i suoi affetti, le paure.

Le persone con disabilità non possono essere considerate esclusivamente in base alla loro patologia ma come donne e uomini con pensieri, speranze, aspettative, progetti. Se non teniamo insieme il principio dell’assistenza con quello del sostegno all’autodeterminazione di ognuno di loro, non diamo senso al principio costituzionale dell’uguaglianza di tutti i cittadini.

Dobbiamo continuare a percorrere la strada che ci ha portato a investire sulla costruzione di percorsi che possano contrastare la solitudine, l’assenza di reti e l’emarginazione delle persone con disabilità, soprattutto quando viene loro a mancare il sostegno familiare, promuovendo il loro diritto a vedersi riconosciuta la specificità individuale e la dignità di una vita accompagnata e aiutata, rispettosa della differenza.

L’importante concetto di domiciliarità con le sue implicazioni culturali, sanitarie, cognitive, etiche e politiche ha rappresentato un passaggio importante per la deistituzionalizzazione e per guardare queste persone con uno sguardo nuovo. Si tratta di un cambiamento culturale enorme che comporta un riconoscimento dei limiti e dei vincoli, ma anche la dimensione della possibilità e del progetto: progetto di sè da realizzare coinvolgendo famiglie, istituzioni, comunità territoriale, imprese per progettare percorsi di autonomia, appartamenti di cohousing, spazi di progetti di vita e non di segregazione.

Le persone con disabilità devono essere messe al centro di progetti individuali come soggetti di diritti e non oggetti di cura. Si tratta di persone singole, irripetibili che hanno diritto a costruirsi una vita esattamente come tutti gli altri. Credo che questo sia il vero cambiamento culturale che dobbiamo perseguire quando parliamo di diritti delle persone con disabilità, evitando di ridurle alla loro semplice dimensione patologica.

Il principio di “unicità” delle persone con disabilità implica il rispetto della dignità dell’individuo che è autentica garanzia della democrazia. Quella che si esercita nell’incrementare una cultura di accoglienza diffusa che sappia andare dal problema alle proposte, dall’esperienza ai cambiamenti.

 

Il mio articolo per Huffington Post




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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