Vanna Iori

Favole per famiglie italiane

Favole per famiglie italiane


Nel governo in cui è sempre colpa di qualcun altro, in cui nessuno è in grado di assumersi mai la responsabilità delle proprie azioni, è evidente che anche la decisione di non prorogare il bonus baby sitter e asili nido non abbia un responsabile.

Anzi, il vicepremier Di Maio si è presentato in tv per smentire la cancellazione della misura il cui importo sarebbe stato addirittura aumentato. Eppure, c’è una circolare dell’Inps, che rende operativa la decisione politica assunta con la legge di bilancio che parla chiaro: le neo mamme non potranno più scambiare il congedo parentale con il bonus da usare per nido e baby sitter. E chi l’anno scorso lo ha ottenuto, dovrà consumarlo entro la fine del 2019 altrimenti perderà tutti i benefici.

È bene precisarlo fin da subito: questo bonus, introdotto nel 2013, non assicurava solamente un sostegno economico di 600 euro per sei mesi, ma offriva una garanzia importante per consentire alle donne, che non possono o non vogliono rinunciare al lavoro, di continuare a svolgerlo, una volta diventate madri. Ed è una misura che è stata utilizzata da quasi 10mila persone.

I bonus in sé non intercettano certo tutte le complessità familiari e non sono risolutivi. Ma resta la domanda: qual è l’alternativa che immaginano Lega e 5 stelle per la famiglia? Fino a oggi abbiamo assistito a tanti annunci e a zero misure.

Oltre al Congresso di Verona, cosa c’è? Quello che c’è, e lo dicono le ricerche e le statistiche, è la condizione di difficoltà in cui si ritrovano le neo mamme in relazione ai tempi di conciliazione tra famiglia e lavoro.

Oggi, tutte le statistiche dimostrano che tanto più le donne lavorano, tanto più fanno figli. Se prendiamo – per esempio – il nostro Paese, al Nord, dove è più alta l’occupazione femminile, c’è più fecondità mentre in alcune aree del Sud, dove c’è scarsa occupazione, si va verso lo spopolamento.

Nel 2017 più di 30mila madri hanno lasciato il lavoro per motivi che sono da ricondurre all’assenza di un sostegno: ben il 27% lo ha fatto per occuparsi del lavoro di cura e per l’assenza di reti parentali. Il 7% per i costi troppo alti di asili nido e baby sitter, il 2% per difficoltà generali di conciliazione. Questo significa che un genitore che voleva mandare un bambino all’asilo oppure chiamare una baby sitter per tornare a lavoro dovrà starsene a casa. Le donne con maggiori difficoltà economiche dovranno scegliere tra il lavoro e i figli.

La lista delle operazioni di distruzione della famiglia da chi si professa sostenitore e fautore delle politiche per la natalità, è lunga. Non basta aderire a congressi delle famiglie o annunciare miracolose ricette. L’unico accenno di intervento sulla famiglia l’ha dato Di Maio, che ha messo in campo tre proposte, puntando principalmente su una riforma dell’Irpef con il coefficiente familiare.

In pratica una tassazione progressiva che deve essere legata al nucleo familiare, puntando a una diminuzione del carico fiscale generale. Ma omette di quantificare il costo di questa operazione. Che è alto, e parecchio. Si sceglie, ancora una volta, di gettare fumo negli occhi ai cittadini, promettendo misure irrealizzabili.

Per sostenere le nascite servono piani strutturali in favore delle donne che lavorano e della genitorialità e non la promessa di dimezzare le spese per pannolini. Tra l’altro con quali risorse visto che serviranno già 23 miliardi per impedire che scatti l’aumento dell’Iva?

Il governo trascura un intervento organico in grado di dare sostegno e impulso al welfare familiare. Ciò che sorprende di più non è la superficialità o l’abitudine alla menzogna ma la totale assenza di un’idea o di un progetto che vada oltre la propaganda, l’annuncio social. Mentre ciò che serve è un welfare generativo, politiche familiari e di welfare innovative in grado di superare l’assistenzialismo.

L’obiettivo è tenere insieme la dimensione economica e quella relazionale, corresponsabilità e dignità sociale. Servono risposte concrete alle nuove esigenze della società odierna dove chi aiuta e chi è aiutato possono e devono trovare un incontro.

Agire in questa dimensione è tutt’altro che semplice. Richiede, innanzitutto, uno sforzo culturale e politico importante. Questo governo è in grado di farlo? La risposta drammatica è no. Questo esecutivo non è in grado di progettare nessuna riforma strutturale preso com’è dal “qui e ora” e dal prossimo voto. Cosa rischiamo? Anni in cui rimboccarsi le maniche e fare sacrifici per risalire la china, forse non basterà. C’era una volta la famiglia e il verbo al passato l’ha declinato il governo gialloverde con la sua insipienza.

 

Il mio articolo per Huffington Post




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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