Vanna Iori

Su Huffington Post: “Perché non pubblicare le foto dei nostri figli sui social”

Su Huffington Post: “Perché non pubblicare le foto dei nostri figli sui social”


Il mio nuovo articolo pubblicato oggi, giovedì 9 novembre 2017, sul mio blog sull’Huffington Post Italia.

 

Circa la metà delle fotografie di minori che vengono pubblicate sui social network finiscono in mani sbagliate: possiamo correre questo pericolo? Una recente sentenza del tribunale di Mantova ha stabilito che la pubblicazione sui social delle foto dei figli necessita dell’autorizzazione di entrambi i genitori.

La sentenza nasce da una visione diametralmente opposta di due ex coniugi: la madre di due bambini, rispettivamente di 1 anno e 3 anni e mezzo, aveva scelto di condividere su Facebook alcuni scatti, mentre il padre, ex marito, era contrario. Le motivazioni con cui il giudice ha stabilito che serve il via libera di entrambi i genitori sono chiare: “L’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi”, si legge nel provvedimento. Il rischio maggiore è “la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate”.

I rischi non sono noti a tutti i genitori e il giudice ha ritenuto necessario sottolineare una criticità rilevante, quello della corresponsabilità di entrambi i genitori, seppur separati, in relazione a una scelta che può esporre i figli a pericoli seri dalle conseguenze anche drammatiche.

La sentenza va nella giusta direzione. Ma non basta. Perché anche se entrambi i genitori fossero d’accordo nel pubblicare le foto dei propri figli sui social, il tema resta. Quello dei pericoli, che spesso gli adulti di riferimento educativo sono incapaci di riconoscere: la rete dark, quella oscura.

Sottovalutazione e approssimazione possono comportare esperienze devastanti per i figli, soprattutto in quella fase delicatissima che è l’adolescenza, anche se l’uso degli smartphone in età sempre più giovane ha pericolosamente precocizzato, fino all’infanzia, il pericolo di ritrovarsi vittime della rete.

Recentemente due adolescenti, avendo accettato un appuntamento da uno sconosciuto che le aveva adescate in rete, sono state violentate a Roma. Il desiderio di pubblicare le foto dei propri figli nasce da un sentimento positivo di condividere con gli amici in rete i propri momenti familiari. Ma tante volte la stessa pubblicazione esprime un orgoglio dei genitori che esibiscono i propri figli in rete più semplicemente per sentirsi realizzati.

I figli piccoli vanno preservati dai rischi del web. Nel frastagliato universo emotivo che caratterizza le relazioni nella coppia con figli e in quello – altrettanto variegato e complesso – dei legami tra genitori e figli, la pubblicazione sui social network (da Facebook a Instagram) delle foto che ritraggono minori rappresenta un aspetto le cui conseguenze non sono da sottovalutare.

La rete, occasione straordinaria di conoscenza e apprendimento, oltre che di svago, rappresenta un palcoscenico pubblico dove le zone d’ombra sono sempre più vaste: dietro di esse si annidano fenomeni come la pedopornografia o l’adescamento su Internet, il cosiddetto grooming, solo per citare alcune delle derive che può assumere la navigazione in rete.

Quelle foto sono immediatamente ovunque e potenzialmente per sempre. A fronte della pubblicazione delle foto sui social occorre sottolineare la necessità, per i genitori, di guardare all’interno più che all’esterno. All’interno delle proprie mura domestiche, dove i figli (e anche i genitori) sono sempre più connessi al proprio telefonino o al proprio pc, ma di fatto soli e dis-connessi dal contesto reale.

E non è raro osservare genitori con la testa chinata sullo smartphone mentre i figli cercano, invano, un segnale di attenzione. Recuperare la dimensione familiare interna è doveroso così come è importante parlare, a viso aperto, con i propri figli della navigazione in rete, attivare in tempo i filtri che oggi esistono per impedire l’accesso a siti pericolosi, attivare colloqui off-line dove la tecnologia non copre le espressioni del volto e il tono della voce.

Non basterà, forse, a frenare la corsa alla pubblicazione delle foto dei propri figli sui social, ma quantomeno innesterà nei genitori e nei figli uno spunto di riflessione più profondo sulle reciproche relazioni nell’affiancamento educativo.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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