Vanna Iori

Su Dire: “Istat, l’urgenza di rispondere alle povertà minorili”

Su Dire: “Istat, l’urgenza di rispondere alle povertà minorili”
17/12/2016 | Categorie: Dire, Media Press, Minori, Povertà


Il mio articolo di oggi, sabato 17 dicembre 2016, pubblicato sulle pagine dell’agenzia di stampa Dire.

 

Ci dice l’Istat che la povertà assoluta in Italia è una condizione che interessa oggi circa 4,5 milioni di persone che vivono nel nostro Paese. E i dati del rapporto sul benessere equo e sostenibile mettono in luce che il Mezzogiorno soffre di più: il rischio di povertà coinvolge il 34% dei residenti, il triplo rispetto al Nord.

Leggendo questi numeri si pensa alla povertà materiale, quella che si configura, ad esempio, come l’impossibilità di avere a disposizione un pasto proteico durante la settimana. Ma la povertà non è solo quella che si misura con il metro del reddito a disposizione. La povertà, o meglio le povertà, si declinano in numerose sfaccettature.

Guardare alle povertà, e in particolare a quella educativa, è oggi prioritario per un Paese che non può lasciare indietro una parte importante dei suoi cittadini, spesso i bambini, e cioè l’investimento per il futuro che più dovremmo tutelare. La povertà educativa è mancanza di diritti, di istruzione e di opportunità formative, di vacanze, di cinema, di libri, di spazi per giocare.

Ma povertà educativa è anche sinonimo di impoverimento progettuale, educativo, esistenziale, dissoluzione del tessuto solidaristico, chiusura familiare nel guscio dell’isolamento, che rende più difficile individuare le invisibili criticità interne ai nuclei cosiddetti “normali”.

Di fronte a questo scenario come si può intervenire per contrastare un fenomeno che l’Istat certifica come crescente? La politica può e deve fare molto. Lo ha iniziato il governo presieduto da Matteo Renzi. E anche nell’ultima legge di bilancio l’aumento delle risorse per la lotta alla povertà e per le famiglie con figli minorenni o disabili sono l’asse portante della manovra.

Un’alleanza per contrastare in specifico il preoccupante fenomeno della povertà educativa è stata già messa in campo dalle fondazioni bancarie e dal governo che, con apposite agevolazioni fiscali previste nella legge di stabilità, ha voluto incentivare l’ulteriore impegno delle fondazioni su questo fronte destinato “al sostegno di interventi sperimentali finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori”. Le fondazioni lo alimenteranno con circa 120 milioni di euro all’anno per tre anni.

Un impegno importante, ma non basta. Nel nostro Paese quasi la metà dei minori in età scolare non ha mai letto un libro, se non quelli di studio, il 70% non ha mai visitato un sito archeologico, il 55% un museo, il 45% non ha svolto alcuna attività sportiva. Occorre mettere in campo una strategia su più fronti per affrontare l’emergenza povertà educativa.

Sono innanzitutto fondamentali interventi precoci e investimenti sull’istruzione prescolastica e sul prolungamento del tempo scuola: esperienze e attività importantissime per compensare gli svantaggi socio-economici familiari. Ci sono poi versanti educativi completamente scoperti. Ad esempio mancano servizi di sostegno al ruolo genitoriale, presenti in molti Paesi europei.

Particolarmente urgente è l’affiancamento genitoriale nelle separazioni di coppia. Il fenomeno è diffusissimo e in aumento costante: sono circa 70mila i minorenni che vivono ogni anno l’esperienza separativa dei loro genitori, eppure non esistono servizi strutturati per aiutare i genitori a preservare i figli dai loro conflitti e dalle trappole delle alleanze. In molti casi, anzi, i figli sono usati come strumenti di vendette e rancori di coppia.

Ma ancora più gravi sono le povertà che si spingono fino alla prostituzione minorile, all’esposizione ai pericoli della Rete, per i ragazzi lasciati soli davanti a strumenti potenzialmente pericolosissimi, veicoli di cyberbullismo o pedopornografia.

In questo quadro di infanzie a rischio è essenziale privilegiare strategie di integrazione tra i servizi per far fronte all’aumento dei bisogni e alla diminuzione delle risorse. Bisogna cioè offrire servizi integrati, sia mirati direttamente ai bambini sia diretti alle famiglie e alle comunità territoriali.

Le nostre politiche socio-educative sono ancora troppo carenti e frammentarie. L’integrazione di risorse, di competenze e di responsabilità può arricchire il sistema del welfare educativo, accrescere il benessere educativo e perseguire quindi lo sviluppo di civiltà del nostro Paese.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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