Vanna Iori

Su Huffington Post: “Se la donna nella Chiesa esce dall’invisibile silenzio dei secoli”

Su Huffington Post: “Se la donna nella Chiesa esce dall’invisibile silenzio dei secoli”
16/05/2016 | Categorie: Donne, Huffington Post, Media Press


Il mio nuovo articolo uscito oggi, lunedì 16 maggio 2016, sull’Huffington Post.

 

Papa Francesco apre al ruolo delle donne nella Chiesa. Ha annunciato che istituirà una Commissione di studio sul diaconato permanente delle donne coinvolgendo consacrate e laiche, poiché le donne sono “una possibilità per oggi”, come già lo furono nelle comunità dei primi cristiani.

L’annuncio, durante l’udienza in Vaticano con le religiose dell’Uisg (Unione internazionale delle superiori generali) riapre la questione antica e controversa ed è facile immaginare che susciterà non poche ostilità e inquietudini. Giovanni Paolo II, nella lettera Mulieris Dignitatem, aveva elogiato il “genio” femminile nel vivere la Fede, annunciandone la piena dignità e squarciando la misoginia protrattasi per secoli (Tertulliano definiva la donna diaboli ianua, porta del diavolo), ma non vi aveva fatto corrispondere alcuna apertura al diaconato.

Le donne sono rimaste per secoli nell’invisibilità a loro stesse, sono state dette con parola maschile nelle preghiere e nelle formule liturgiche e persino nei comandamenti (“non desiderare la donna d’altri”). Eppure è proprio in questa tradizionale invisibilità e inferiorità culturale (le religiose furono escluse per lunghi secoli dalla cultura dotta) che prende valore l’esperienza culturalmente diversa sul piano spirituale, cioè l’esperienza della conoscenza vissuta.

Nel 1215 il Concilio Lateranense IV, che regola la vita dei nuovi ordini religiosi e in cui viene emanato il primo statuto dell’università di Parigi, è il momento decisivo per la divaricazione tra il linguaggio della teologia e il linguaggio femminile escluso dall’esperienza religiosa e dalla funzione di magistero.

Si avvia qui il processo di marginalizzazione delle donne dalla cultura e dalla teologia. Ordini monastici e università sono luoghi di apprendimento riservati solo agli uomini. Le donne vengono escluse dalle pubbliche dispute, dalla logica, dalla teologia. La parola di Dio rimane pertinenza degli uomini. Per le religiose resta un apprendimento indiretto (attraverso i confessori e i direttori spirituali).

La marginalità delle donne e l’estromissione dai luoghi della cultura ufficiale ha conferito un significato dispregiativo in ordine alla conoscenza di Dio e alla dottrina della fede. Alle “mulierculae” (donnicciole) si concedeva di fare teologia in cucina, spiegando le scritture nella lingua comune.

Storicamente confinato al mondo domestico, tra le pareti di cucina, il linguaggio femminile è linguaggio di basso registro, che non conosce il latino, e viene percepito come improprio quando si avventura ad indagare materie che appartengono ad un ambito formalmente e gerarchicamente definito, quale quello della predicazione. Alle donne è stato storicamente attribuita una inadeguatezza a dire cose elevate.

Lo strumento di comunicazione femminile dell’esperienza religiosa è stato più il silenzio che la parola. E nel silenzio si è forse consumato un rapporto più diretto e immediato con Dio, che non ha avuto bisogno di mediazioni intellettuali, razionali, teologiche.

Se gli uomini hanno saputo interpretare la scrittura e parlare della fede, le donne hanno saputo esprimerla al di là di ogni dotta argomentazione e rappresentazione. Un esempio per tutti è la “dottissima ignoranza” di Teresa d’Avila. La conoscenza femminile è “vissuta”, è basata sull’esperienza certa ma non dimostrabile, piuttosto che sulla ratio maschile che ha preteso di “spiegare” anche la Fede.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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