Vanna Iori

I minori migranti ‎possono riaccendere in noi la cultura della solidarietà

I minori migranti ‎possono riaccendere in noi la cultura della solidarietà
26/08/2015 | Categorie: Huffington Post, Immigrazione, Media Press


Il mio nuovo articolo uscito oggi sull’Huffington Post.

 

Morire a poche miglia dall’Italia. Solo. Perché i soldi della famiglia sono bastati appena a metterlo in salvo per poco tempo, in fuga dalla fame e dalla guerra, lontano da opportunità impossibili nel suo Paese. Il ragazzo venuto dalla Somalia non c’è più: è morto a bordo di una nave che si chiama Dignity. Un nome quasi beffardo per chi ha visto massacrata la sua dignità umana. Maltrattamenti e abusi, percosse e lavori in schiavitù, detenzione e violenze vengono descritti nei racconti dei ragazzi, poco più che bambini, che arrivano in Italia senza essere accompagnati da un adulto.

Dall’inizio dell’anno sono 10.300 minori i minori sbarcati sulle nostre coste e di questi oltre 7.400 non accompagnati: un numero troppo elevato che impone la necessità di mettere in campo tutte le misure possibili volte a tutelare questi bambini e adolescenti, i soggetti più fragili nella fragile umanità migrante. Non un numero indistinto e astratto, ma storie di vita segnate da traumi che ne hanno minato gravemente lo sviluppo e la capacità di guardare ancora con fiducia al futuro.

È quindi decisiva l’azione del governo su questo fronte per far sì che i minorenni soli possano trovare nel nostro Paese un’occasione di riscatto. A fronte della violazione dei più elementari diritti dell’infanzia di cui sono vittime, occorre accelerare l’iter della proposta di legge presentata dal Pd per arrivare all’istituzione di un sistema nazionale di accoglienza e protezione che tuteli in modo efficace e responsabile i loro diritti umani, per evitare ulteriori sofferenze. Così come è prioritario il rafforzamento delle misure di vigilanza che impediscano ai minori stranieri non accompagnati di finire vittime del lavoro nero, della prostituzione, della microcriminalità, dello spaccio, della delinquenza organizzata e persino del traffico di organi.

Mettere gli ultimi al centro della politica significa affrontare eticamente le incognite che qualificano lo stare dentro la storia. Per cogliere il significato politico di questa emergenza umanitaria occorre riumanizzare il senso della relazione tra i soggetti, cercando di alimentare una cultura della solidarietà e dei diritti, contrastando la cultura della paura, della contrapposizione e dell’esclusione.

L’impegno verso l’inclusione trova splendida espressione in un verso di Rilke che dice “Là dove sei tu, si apre un mondo per me”. Queste parole sono l’opposto del “dove sono io non puoi starci tu” o del “togliti di lì che mi ci metto io”, che corrispondono invece alle leggi della fisica dei corpi (dove c’è una cosa non vi può esserne un’altra). Cose, appunto, non relazioni umane tra persone. La politica delle ruspe e dei respingimenti, trattando le persone come cose, disumanizza i rapporti umani, li riduce all’utilizzabilità, alla strumentalità, all’indifferenza e si esprime secondo i modi della sopraffazione, dell’aggressività, del possesso, della strumentalizzazione, del tornaconto.

Nelle parole di Rilke c’è invece il valore dell’incontro autentico tra persone umane che, a differenza delle leggi della fisica, afferma le legge dell’umano, ossia della condivisione, dall’accoglienza, dell’aver cura, dell’essere l’uno per l’altro anziché l’uno accanto all’altro nell’indifferenza reciproca.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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