Vanna Iori

Il Papa, l’AI e l’esigenza di costruire il futuro

Il Papa, l’AI e l’esigenza di costruire il futuro
15/06/2024 | Categorie: Huffington Post, Media Press


Ieri, per la prima volta nella storia, il Santo Padre ha partecipato al G7, il summit che riunisce i capo di Stato e di Governo delle sette nazioni più industrializzate del mondo. Ma vi è un ragione profonda che ha guidato questa scelta inedita: offrire spunti di riflessione importanti sulla grane questione del futuro, l’intelligenza artificiale e l’uso che se ne può e deve fare. Il pontefice, infatti, ha segnalato con forza i rischi che tutta l’umanità corre senza un uso razionale e consapevole delle nuove tecnologie e, in particolare, dell’intelligenza artificiale. La sua applicazione può portare, infatti, ad effetti negativi sia nel settore del lavoro, producendo costi sociali devastanti, sia nel settore militare, potendo estromettere le persone dal controllo delle macchine.

Cosa c’è di più pericoloso che lasciare alle macchine i processi militari? Il pontefice ha usato parole molto forti: “Nessuna macchina dovrebbe mai scegliere di togliere la vita a un essere umano”. Il grande tema di questo tempo è, dunque, come sottrarre agli individui la possibilità di scegliere in autonomia della loro vita e impedire che siano i dispositivi tecnologici a scegliere per loro. Da qui l’invito potente a “restare umani”.

Padre Paolo Benati, professore della Pontificia Università Gregoriana, membro del Comitato Onu sull’IA ha posto questioni decisive sul limite tra ricerca scientifica e sacralità della vita: dobbiamo guardare con grande attenzione ai potenziali danni derivanti dallo sviluppo delle tecnologie senza rinunciare ai benefici dei progressi dell’innovazione che recano. Ma è chiaro che siamo chiamati a interrogarci sulla convivenza tra essere umano e sviluppo tecnologico: oggi sta cambiando la connessione tra le persone e questo porta a ripensamenti nel modo di lavorare, nelle relazioni umane e nella percezione stessa della realtà con tutte le conseguenze che ciò potrebbe determinare nella vita delle istituzioni stesse. L’intelligenza artificiale è un moltiplicatore e quindi può moltiplicare anche le disuguaglianze. Come possiamo non tenere conto di tutto ciò?

Servono dei limiti che in questo caso hanno a che fare con l’etica e questa è la sfida attorno a cui si gioca tutto il tema dell’intelligenza artificiale

Ma alla base degli algoritmi ci sono e ci devono essere sempre le competenze umane: ma sapranno gli esseri umani guidare  questi nuovi processi? Per questo dobbiamo adoperarci affinchè l’intelligenza artificiale sia tenuta dentro un quadro di regole e condotta dall’ispirazione dell’umano. In questa prospettiva non diventerà “alternativa” al nostro ingegno ma un elemento complementare.

I leader sono chiamati a guidare questo straordinario cambiamento per cui servono abilità e capacità gestionale nonché visione e responsabilità. Le strategie di implementazione devono essere parte della trasformazione sostenibile di tutte le organizzazioni: una strategia che parte dall’investimento in capitale umano, sulle competenze, la formazione per affrontare due aspetti correlati ma distinti: la creazione dell’intelligenza artificiale e il suo utilizzo.

Un grande scienziato, l’astrofisico Stephen Hawking, ha affermato già alcuni anni fa che il successo dell’Intelligenza Artificiale può essere il più grande evento nella storia umana, ma se non evitiamo i rischi potrebbe anche porre fine all’umanità stessa. Io credo che se saremo capaci i distinguere tra innovazione e sviluppo eviteremo distorsioni pericolose; con lo sviluppo potremo trasformare l’innovazione tecnologica in qualcosa che guarda al bene comune, al bene dell’umanità.

Questa transizione cambierà principalmente l’esistenza dei più giovani, e già ora li intimorisce rendendoli insicuri del loro domani. La “generazione Z” dovrà affrontare cambiamenti che ancora non siamo in grado di prefigurare e ci pongono interrogativi esistenziali. L’intelligenza artificiale sempre più propagata consentirà una promozione del benessere emotivo e relazionale dove i vissuti esistenziali rivestano una dimensione prioritaria? O si acuiranno ulteriormente i vissuti di solitudine e isolamento, producendo ulteriore insicurezza?  Abbiamo un’urgenza crescente, emergenziale direi, di anticipare futuri costruendo scelte educative di responsabilità condivisa.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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