Vanna Iori

Salvare i ragazzi dalla solitudine del metaverso

Salvare i ragazzi dalla solitudine del metaverso
16/01/2023 | Categorie: Educazione, Huffington Post, Media Press, Minori


È di questi giorni la notizia che le scuole pubbliche di Seattle hanno intentato una causa contro Meta (proprietaria di Facebook, Instagram, WhatsApp), Google (YouTube), TikTok (della società cinese ByteDance), Snap (che controlla SnapChat) perché stanno “minando” le menti delle nuove generazioni e danneggiando “i loro cervelli vulnerabili”. Nel documento si sottolinea che dal 2009 al 2019 c’è stato un aumento del 30% degli studenti delle scuole pubbliche della città che hanno rivelato di sentirsi “tristissimi o senza speranza quasi ogni giorno per due settimane o oltre di seguito”. E dopo la pandemia questa situazione si è ulteriormente aggravata.

Oltre ai danni cognitivi a cui sono esposti i più piccoli che, ben prima dell’adolescenza, sono dotati fin dalla prima infanzia di uno smartphone, per molti giovani oggi il mondo si è fermato ed è stato racchiuso dentro i loro dispositivi. Molti fanno fatica a vivere la socialità e il confronto con i coetanei. Ed è un cambiamento rilevante perché per gli adolescenti il futuro è un orizzonte spesso di attese, che non spaventa e si intesse nelle relazioni con gli altri, nel desiderio di condividere. Il futuro è un orizzonte di prospettive e curiosità che eccitano la psiche, nella misura in cui delineano la costruzione di scenari inediti e nuovi.

Invece l’attuale nuovo tempo  incerto pare avere interrotto questa linea temporale, mentale e evolutiva, verso il domani; da qui derivano nuove paure e la difficoltà a dare senso al futuro o a riempire la normalità di significati che vadano oltre quello che c’è dentro i dispositivi elettronici; un metaverso che allontana sempre di più i giovani dalla realtà della vita quotidiana, rendendoli più fragili e spaventati.

Su questo dobbiamo interrogarci come educatori, come genitori, come insegnanti, come adulti per capire se il nuovo modello di vita che proponiamo ai nostri ragazzi, nella maggior parte dei casi, come ricco di opportunità, nuove tecnologie, aspettative frenetiche, sia il migliore per garantire il loro benessere psicofisico e una crescita realmente equilibrata.

Molte ricerche mettono in relazione l’aumento della depressione con la diffusione di smartphone e social network; gli adolescenti sono sempre più soli,  i ventenni più isolati degli anziani. Se il telefono diventa l’unico strumento per comunicare la vita sociale è di fronte a un’emergenza senza precedenti. A ciò si aggiunga che la solitudine, la precarietà e la paura sono stati acuiti dal covid che ha determinato un effetto dirompente sui ragazzi e il loro equilibrio.

Oggi serve uno sforzo in più per sostenere e aiutare i ragazzi, anche in ambiente scolastico, attraverso il confronto con pedagogisti, educatori o psicologi che, anche nell’attività di gruppo, possano sciogliere gli enormi nodi che attraversano la vita dei più giovani. La crescita dei disagi psicologici e relazionali, la paura della morte e del dolore (e al tempo stesso il vuoto esistenziale che porta all’aumento dei suicidi e dell’autolesionismo), la crescita troppo veloce, l’incapacità di gestire emozioni e relazioni rischia di minare nel profondo il nostro vivere comune e il futuro. Si tratta di un’evidente ferita psicologica e sociale che dobbiamo affrontare con urgenza perché agisce su un’intera generazione.

Molti ragazzi sono fermi dentro un mondo virtuale che impedisce di vivere pienamente le loro esistenze, senza paura e con maggiore consapevolezza. E nelle loro case, spesso, il modello è quello di un diffuso rapporto virtuale che sostituisce il rapporto umano; persino genitori e figli comunicano spesso attraverso il cellulare e via chat, senza parlarsi. Ciò che si mostra contraddittorio è che i ragazzi si sentono dire di mettere via il telefono, quando sono proprio gli adulti ad abusarne, utilizzandolo spesso come unico mezzo di comunicazione.

E il sistema, anziché riconoscere la propria disfunzionalità, fa ricadere tutte le colpe sul singolo, senza considerare la salute mentale una questione e una responsabilità collettiva. Sta a noi creare le condizioni perché vi sia il senso del domani, della progettazione esistenziale, della vita che scorre, dello sguardo da sollevare. Elementi determinanti nella crescita e nella formazione verso l’età adulta. È drammatico reinventarsi senza un orizzonte entro cui ricostruire le proprie storie, immaginare un futuro, ma anche, più semplicemente, pensare alla bellezza sorprendente di un giorno dopo.

E invece, per molti ragazzi la soluzione migliore è quella di rimanere nel metaverso dove vivono in modo alterato le relazioni. Una sorte di Sindrome di Stoccolma che li tiene incatenati alla nuova dimensione virtuale. Bisognerà mettere in campo un lavoro di cura che coinvolga tutte le agenzie educative per restituire risposte di senso a una generazione, il senso del domani, uno sguardo allargato e il coraggio di guardare al futuro con progettualità.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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