Vanna Iori

Lavoro, i giovani non si accontentano

Lavoro, i giovani non si accontentano
06/05/2022 | Categorie: Diritti, Giovani, Huffington Post, Lavoro, Media Press


Il forte incremento delle dimissioni volontarie da parte di giovani neoassunti in mansioni impiegatizie, soprattutto in aziende del Nord, è un fenomeno che ha aumentato la sua dimensione significativamente dopo la pandemia: le occasioni e le offerte di lavoro non mancano, grazie alla ripresa del mercato e agli investimenti, soprattutto nella transizione digitale e produttiva, eppure c’è una fuga in atto nella direzione contraria. I più giovani, soprattutto, cercano posti di lavoro maggiormente soddisfacenti da un punto di vista umano e in grado di garantire più equilibrio tra vita privata e lavoro.

Dopo l’esperienza dello smart working, l’approccio si è radicalmente trasformato, rivelando le notevoli possibilità che offre il lavoro agile nella ridefinizione, non solo della conciliazione dei tempi di vita e lavoro, ma ha anche fatto emergere i limiti di un sistema produttivo e sociale legato a dinamiche del passato e, dunque, non più in linea con le nuove competenze,  desideri e aspettative. Sembrano emergere modalità di lavoro profondamente diverse rispetto a quelle intorno a cui sono costruiti gli attuali modelli.

Ma questa tendenza consolidata rileva anche cambiamenti relativi a quello che è definito come fattore umano: la pandemia ha cambiato il senso di sé e produce la voglia di dare una nuova direzione alla propria vita. Le persone si sono interrogate rispetto al senso del proprio lavoro e in qualche caso della propria esistenza e le risposte hanno scelto il cambiamento. Il lockdown ha fermato un treno in corsa che non consentiva di prendere il tempo per una riflessione sulla vita ed è un fenomeno che, con modalità ed esiti diversi, ha riguardato tutta la popolazione che ora fa i conti con le conseguenze di quello stravolgimento emotivo.

Ma non dimentichiamo che vi è anche un tema di precarietà introiettata: quello che per molti anni è stato un elemento di grandissima debolezza che ha colpito i giovani del Paese si è trasformato in un fattore di “coraggio”: abituati alla mancanza di certezze lavorative, costretti a cambiare, prigionieri di luoghi di lavoro negativi dal punto di vista umano e relazionale, privi di stipendi dignitosi, non hanno più paura del cambiamento che hanno scelto loro, ma lo agiscono come leva per cercare di rendere le loro esistenze migliori, più dignitose e in linea con i propri desideri. I giovani agiscono con questa profonda volontà di cambiamento verso esistenze più sostenibili, dove la i vissuti esistenziali riconquistino una dimensione prioritaria.

Ovviamente può essere un fenomeno transitorio le cui dimensioni devono essere studiate e valutate ulteriormente con una indispensabile ricerca sociale; va ripensato il rapporto tra mondo del lavoro e giovani, ma per ora emerge questo tratto: il rispetto dei valori individuali, la qualità delle relazioni, il benessere sul posto di lavoro e una serie di aspetti legati alle proprie motivazioni ed aspirazioni sono diventati indispensabili.

Questo deve interrogarci necessariamente sulle modalità per cambiare il modello produttivo, dando corso a questo cambiamento che è profondamente “umano”: i giovani non si accontentano più del primo lavoro che capita, non sembrano più disposti a svolgerlo in modo demotivato, cercano un contesto che possa essere consono dal punto di vista etico, della sostenibilità, della responsabilità sociale. Le aziende dovranno adeguarsi al nuovo paradigma non solo per attrarre i giovani talenti, ma anche per trattenerli. Sono loro gli attori protagonisti della transizione digitale e green su cui si fonda il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Si è trasformato il concetto di flessibilità, non solo perché sono cambiate le regole che presiedono al rapporto tra individuo e organizzazione, ma perché è cambiato l’individuo stesso.

Credo si debba partire dalla costruzione di un contesto nuovo, in cui la persona e il modello possano trovare un senso diverso nella relazione di scambio reciproco. Uno scambio che tenga conto della diversità dei percorsi di vita, delle attese e degli obiettivi, delle priorità e dei valori di una generazione che della flessibilità ha fatto una caratteristica identitaria. Come ha scritto bene Bauman, è una fluidità esperienziale prodotta dalle continue transizioni tra diverse attività e ruoli sociali che la pandemia ha definitivamente lasciato emergere.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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