Il medico di famiglia è fondamentale. Vanno aumentati, non eliminati

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e leader ombra della Lega, Giancarlo Giorgetti, al Meeting di Comunione e Liberazione, è intervenuto sul tema della sussidiarietà e, analizzando le difficoltà che affrontano i cittadini nel trovare punti di riferimento sul territorio, ha dichiarato che dei medici di base non c’è più bisogno. Tanto nessuno ci va più.
Difficile comprendere il fondamento di una simile affermazione poichè ogni giorno, negli ambulatori dei medici di famiglia del nostro Paese, transitano 2 milioni di italiani. Secondo recenti dati diffusi dall’Istat, in media il 90,9% delle persone da 65 anni in poi fa ricorso al medico di famiglia almeno una volta all’anno. Sono dunque i cittadini più fragili che, proprio dentro questa rete di servizi, trovano sostegno e cura.
Di medici di famiglia ne servirebbero di più. Si stima che nei prossimi anni andranno in pensione 45 mila medici di medicina generale. Se non mettiamo risorse nella sanità pubblica, chi ha i soldi potrà curarsi e chi non li ha avrà dovrà rivolgersi a una sanità sempre meno efficace.
Forse il sottosegretario ha in mente un Paese dove aumenteranno le persone sole che si faranno le autodiagnosi su Internet, oppure che si cercheranno per conto loro visite specialistiche?
I medici di base sono il primo e più importante riferimento relazionale per le persone che vivono malattie e dolore, sono le figure che per prime si prendono cura nella duplice dimensione del curare in senso medico e dell’aver cura in senso relazionale, conoscono la storia dei loro pazienti, non sono solo prescrittori di farmaci e di accertamenti specialistici. Sono i primi servizi di prossimità sul territorio e la loro eliminazione significherebbe scardinare un pezzo significativo del welfare territoriale e del sistema sanitario nazionale che si fonda sul principio che tutti, a prescindere dalle condizioni economiche, abbiamo diritto alla cura.
Attentare alla medicina di base significa, dunque, minare la rete dei servizi diffusa sul territorio che è anche la principale possibilità per tutti di accedere alle prestazioni di base. I medici stessi, dopo le affermazioni di Giorgetti, hanno giustamente sottolineato come l’aumento dell’età della popolazione italiana renderà necessario un rafforzamento della rete dei medici di famiglia, non certamente la sua eliminazione.
Questa rete della medicina di base, con la sua vicinanza al paziente e ai familiari, dovrebbe avere un ruolo sempre più importante nella sanità pubblica, sopratutto nella gestione delle cronicità in un Paese come il nostro in cui si sta alzando l’età media della popolazione.
Il rischio di un’eliminazione dei medici di base accentuerebbe l’idea che tutta la storia clinica di una persona possa essere contenuta in un chip e che pertanto sia possibile “aggiustare” le patologia di un corpo-cosa come si aggiusta una macchina che non funziona. Ma in una medicina che rischia di disumanizzarsi, in una società come la nostra, sempre più attenta ai numeri e meno agli individui, il medico di famiglia rimane un punto di riferimento fondamentale per conservare lo sguardo medico, senza affidarlo a un monitor e per mantenere viva la parola che incoraggia senza lasciare scadere nell’impersonalità la relazione di cura.
Il mio articolo su Huffington Post