Vanna Iori

Bussetti e la sfida delle emergenze educative

Bussetti e la sfida delle emergenze educative


Il Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti è stato al Senato per illustrare le linee programmatiche che intende articolare nel corso del suo mandato e ha discusso, soprattutto, dei diversi aspetti della “Buona Scuola”, di precariato, alternanza scuola-lavoro, sport.

Si è soffermato poco, o solo di sfuggita, su un tema che oggi è cruciale e che riguarda la qualità del nostro sistema educativo e formativo e le sue possibilità di rispondere alle disuguaglianze che attanagliano il Paese. In questo senso, nei giorni scorsi l’INVALSI ha presentato i dati sullo stato di salute del nostro sistema, certificando una sostanziale e pericolosa discrepanza tra aree del Paese: il Sud, infatti, registra un drammatico ritardo. In Campania, Sicilia, Sardegna, Calabria quasi il 50% degli studenti si attesta a un livello inferiore di quello richiesto dalle indicazioni nazionali. Molti ragazzi non conoscono neppure la lingua italiana.

Il tema delle disparità territoriali e delle diseguaglianze tra studenti, deve farci riflettere sugli interventi inderogabili di cui il sistema ha bisogno, ancora di più, se pensiamo che la crescita sostenibile del Paese e le sue possibilità di sviluppo, passano innanzitutto dalla scuola.

Oggi, dunque, la sfida per lo sviluppo del paese e per la prevenzione di tante forme di violenze e marginalità è quella dell’educazione. Nella scorsa legislatura avevamo cominciato a mettere insieme una serie di misure per contrastare le povertà educative e necessariamente oggi dovranno essere riprese e implementate.

I cambiamenti culturali e sociali che stiamo vivendo ma anche quelli tecnologici dovuti alla più imponente rivoluzione degli ultimi anni, richiedono percorsi formativi e competenze idonee alla crescita e alla competitività del Paese. I ragazzi italiani dimostrano di non avere le carte in regola per affrontare questi straordinari stravolgimenti che stanno modificando il modo di conoscere e di apprendere, ma anche il lavoro e le relazioni.

Per questo ho segnalato al Ministro Bussetti che la complessità sociale ed economica del nostro tempo impone di investire sull’educazione, perché è da lì che si può dare un senso e una risposta ai mutamenti che stanno cambiando le nostre società a una velocità inaspettata. L’educazione non è mai una questione privata è sempre pubblica e politica e, per questo, è necessario che la responsabilità educativa venga condivisa di fronte alle emergenze certificate ogni giorno dalle ricerche scientifiche, dai monitoraggi e anche dalla cronaca quotidiana.

Si investa, oltre che sulla scuola, anche sull’educazione informale come strumento per combattere le nuove povertà educative. I percorsi educativi devono essere costruiti attraverso le relazioni con l’intera comunità territoriale: le famiglie, le associazioni, il volontariato svolgono un ruolo decisivo far crescere una comunità educativa e un territorio.

Si prosegua sul cammino degli investimenti, potenziando la competenza nei contenuti per una maggiore adeguatezza ai bisogni del mondo del lavoro, ma anche sulla sapienza pedagogica degli insegnanti, a cui è affidato il compito specifico di prendersi cura di molte fragilità trasversali. Oggi “progetto educativo” significa, prima di ogni altra cosa, aiutare a cercare risposte alle domande di senso che attendono risposte trasversali perché le povertà educative sono tante e diversificate.

A 25 anni dalla firma della convenzione Onu sui diritti dei bambini, è l’infanzia a subire di più l’impatto della recessione economica. È il dato più grave dal Dopoguerra, come affermano le indagini di Unicef. In alcune realtà meridionali molti bambini si scolarizzano soltanto a 6 anni, e meno di 2 bambini su 10 frequentano un asilo nido. Inoltre siamo uno dei paesi europei con il più alto tasso di dispersione.

Ben il 17% dei giovani tra i 18 e i 24 anni lascia prematuramente ogni percorso formativo (la media europea è 12%), divenendo così più esposti ai rischi della strada. A ciò si aggiunga che tre milioni di minorenni tra i 6 e i 17 anni non hanno mai letto un libro non scolastico. Infine, il problema dei ragazzi 15-24 anni che non studiano e non lavorano (Neet) riguarda circa 1,3 milioni di persone, circa il 20% della popolazione di questa fascia di età.

Questi sono i dati da cui dovrebbe ripartire il ministro Bussetti. Per questo, ho suggerito alcuni temi sui quali nei prossimi mesi spero si possano mettere insieme interventi significativi. Abbandono scolastico, analfabetismo strumentale e funzionale, media education e uso corretto e diffuso della rete, educazione ai sentimenti e al rispetto del corpo-persona, interventi per il recupero dei Neet, scuole aperte al territorio oltre l’orario delle lezioni, rafforzamento dell’interazione tra la scuola e le agenzie del territorio, potenziamento dei servizi per la prima infanzia e degli interventi di messa in sicurezza delle scuole.

Ma non basta, perché bisogna sostenere anche le difficoltà dei genitori che mostrano fragilità e confusione educativa fino a tradurla in aggressività verso i docenti. Come? Potenziando l’educazione alla genitorialità e il sostegno educativo agli adulti attraverso i servizi educativi lungo tutto il corso della vita.

Oggi la sfida che deve affrontare il ministro Bussetti è questa. Combattere le povertà educative per ridare competitività ai saperi del nostro sistema scolastico e potenziare gli aspetti socio-efucativi per ricreare speranza. Ne va dello sviluppo del nostro paese e del futuro delle generazioni.

 

Il mio articolo per Huffington Post




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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