Vanna Iori

Quando la classe diventa una baby gang

Quando la classe diventa una baby gang


Immobilizzata alla sedia e legata col nastro adesivo, presa a calci, insultata e derisa, filmata con lo smartphone e postata su Instagram con il video che girava sulle chat. Non si tratta di un cortometraggio ma di un episodio vero di terribile violenza in una classe di prima superiore: vittima un’insegnante, gli aguzzini un gruppo di alunni.

La classe è stata sospesa in blocco per un mese, senza alcuna denuncia alle forze dell’ordine perché probabilmente l’insegnante vittima non ha voluto esporsi ulteriormente, per vergogna o forse per timore ha finito per minimizzare le responsbilità, anche dei genitori e della preside.

Siamo all’eclissi del principio di autorità, che non è l’autoritarismo ottuso ma la capacità di assumersi responsabilità e indicare delle regole. Genitori insicuri del loro ruolo si sono trasformati in alleati nel permissivismo dilagante fino a diventare avvocati difensori quando i figli trasgrediscono alle regole che la scuola tenta di imporre.

L’episodio dell’insegnante non è il primo che accade e esprime un’assenza di valori che permea l’intera società, come si vede dagli episodi di teppismo delle baby gang alle espressioni di odio razziale, dal cyberbullismo. Ma la scuola da sola non ce la fa.

Non è un fenomeno “del momento”; è il frutto di un degrado educativo della mancanza di coordinamento genitoriale e disallineamento con l’istituzione scolastica.

Occorre coinvolgere tutti gli attori, dagli educatori agli insegnanti, dalle famiglie al volontariato per agire sulla formazione dei giovani individui, all’interno di una vera e propria rivoluzione della scuola e della famiglia che ha un ruolo primario affinchè non venga messa in discussione il ruolo dell’insegnante sia da un punto di vista personale che professionale.

I figli hanno diritto e bisogno di ascolto, ma non di difesa a oltranza. Non stiamo parlando di “ragazzate”, stiamo affrontando una crisi educativa profonda che sta mandando alla deriva l’educazione. Genitori e insegnanti sono o troppo vicini o troppo distanti dai ragazzi.

Occorre ripristinare un patto educativo di corresponsabilità per non consegnare i ragazzi all’attività delinquenziale. Oggi non ci troviamo di fronte a episodi sporadici valutabili come fatti eccezionali ma a un fenomeno diffuso. Una vera e propria emergenza educativa che richiede uno sforzo da parte di tutti.

Purtroppo, oggi la grande sfiducia nelle istituzioni del paese ha coinvolto anche la scuola; si teme -cioè- che essa abbia perduto la possibilità di svolgere la sua funzione educativa. Credo, invece, che l’istruzione rappresenti ancora il punto di riferimento fondamentale per le nuove generazioni e lo strumento di riscatto per tanti giovani. Le scuole sono luoghi dove coltivare le proprie attitudini e orientamenti, dove crescere insieme e sperimentare -per la prima volta- la parola cittadinanza. Si diventa cittadini a scuola e la qualità degli uomini e delle donne che ragazzi potranno essere domani si comincia a misurare proprio in classe. Scuola e famiglia sono le agenzie educative più importanti. L’una senza l’altra non può funzionare ma deve cambiare la natura del patto che deve fondarsi su reciprocità, solidarietà e confronto e non, certamente, antagonismo o diffidenza.

Per arginare il malessere dei ragazzi che si traduce in comportamenti che lasciano sgomenti e disorientati non possiamo pensare a strumenti esclusivamente punitivi o sanzionatori, la repressione a questa età non risolve il problema. Bisogna intervenire per prevenire, per accompagnare, o più semplicemente, per educare.

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Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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