Vanna Iori

Su HP: “Riconosciuta l’importanza di educatori e pedagogisti”

Su HP: “Riconosciuta l’importanza di educatori e pedagogisti”


Il mio nuovo articolo pubblicato oggi, giovedì 21 dicembre 2017, sul mio blog sull’Huffington Post Italia.

 

Non più invisibili. Da ora hanno un titolo professionale. Sono riconosciuti nelle loro competenze i tantissimi educatori in Italia (circa 150mila) e i pedagogisti che, fino a oggi, hanno lavorato nell’ombra, spesso neppure conosciuti, eppure così fondamentali nello svolgere un’attività che fa parte della quotidianità di tutti noi.

La loro storia regolamentata inizia ora. Perché parliamo di uomini e donne che lavorano in moltissimi ambiti: case-famiglia, ma anche carceri, asili e strutture educative per ogni età della vita, bambini, adolescenti, adulti e anziani, tribunali e scuole, ambiti sportivi, servizi per le diverse forme di disagio , dalla tossicodipendenza all’integrazione culturale. E poi li troviamo impegnati anche nelle attività ludiche, animative, nelle comunità territoriali così come nella formazione aziendale e nell’inserimento lavorativo.

Ora queste persone hanno un volto e, soprattutto, un riconoscimento professionale. L’emendamento alla manovra, approvato dalla commissione Bilancio della Camera, ha dato il via libera a una legge attesa da vent’anni e che ora è realtà. Ora la figura dell’educatore prende luce.

I media parlano di educatori solo quando accadono episodi di violenza o di carenze educative, ma alla quotidianità dell’impegno di educatori e pedagogisti nessuno dà il rilievo che meritano. E finalmente, sia pure sul filo della chiusura, questa legislatura stabilisce per legge un riconoscimento meritato e dovuto.

La cura educativa, a tutti i livelli, ricopre oggi un ruolo sempre più essenziale per l’inclusione e la tutela dei soggetti svantaggiati, per la prevenzione del disagio, per la crescita educativa in ambito familiare e della genitorialità, favorendo l’autorealizzazione e la promozione del benessere.

I mutamenti sociali ed economici in atto richiedono oggi sempre nuove competenze agli educatori e, proprio per questo, occorre una solida formazione professionale iniziale e permanente, conferendo una speciale attenzione alla condivisione dell’esperienza. La prospettiva prioritaria della prevenzione richiede la necessità di servizi integrati, rivolti alle famiglie e ai contesti territoriali per fermare la dissoluzione del tessuto sociale e la chiusura familiare nel guscio dell’isolamento.

Non ci si improvvisa nel ruolo di educatori, perché la scarsa preparazione produce comportamenti e atteggiamenti deleteri in tutti gli ambiti sociali, educativi e sanitari dove è invece necessario un alto profilo professionale: i casi incresciosi di abusi e maltrattamenti su anziani, minori e disabili, per esempio, rendono evidente la necessità di una legge per regolamentare meglio questo settore.

La proposta di legge mette ordine nella confusione normativa che esisteva fino a oggi: dopo vent’anni di vuoto legislativo si interviene fissando alcuni requisiti basilari, prendendo come riferimento il livello delle conoscenze richieste dal Qeq (Quadro europeo delle qualificazioni professionali), e individuando i percorsi di studio, le competenze, i titoli, gli sbocchi occupazionali. Entrerà in vigore l’obbligatorietà della laurea per accedere alle professioni educative e ovviamente sono previste norme transitorie per il passaggio dalla situazione attuale a quella che sarà a regime con l’obbligo del titolo.

Tra le novità introdotte si prevedono un tempo e un percorso privilegiato per conseguire la laurea a chi già lavora senza titolo, riconoscendo il lavoro svolto come credito formativo mentre per coloro che lavorano da molti anni sarà possibile un’equiparazione anche senza conseguimento del titolo.

Ma l’aspetto professionale più importante riguarda la crescita dell’intelligenza emotiva come specifica competenza professionale. L’intelligenza e la competenza hanno bisogno del cuore per continuare ad alimentare la motivazione e l’empatia nelle relazioni delicate con persone in condizione di fragilità. L’educazione non è un evento programmabile, perché è sempre aperto all’imprevisto; non è una traiettoria priva di senso, ma un percorso che ha sempre bisogno di un orientamento di senso.

Se si perde questo, si perde la capacità di affrontare i cambiamenti, di rigenerare motivazione, di innovare e migliorare la qualità dei servizi. Il linguaggio della vita emotiva non va confuso con un sentimentalismo sdolcinato o astratto. Al contrario, è qualcosa di concreto che dà senso alle relazioni.

Perciò nei processi formativi occorre ridare dignità ai sentimenti, riconoscerli, pensarli e agirli nelle relazioni. Perché investire sull’educazione nei suoi vari contesti significa investire sullo sviluppo più vero e duraturo del Paese.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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