Vanna Iori

Su HP: “A Lamezia un orrore senza fine che non deve accadere mai più”

Su HP: “A Lamezia un orrore senza fine che non deve accadere mai più”
23/11/2017 | Categorie: Donne, Huffington Post, I miei comunicati stampa


Il mio nuovo articolo pubblicato oggi, giovedì 23 novembre 2017, sul mio blog sull’Huffington Post Italia.

 

In quella baracca fatiscente, senza luce e servizi igienici, ultima prigione di un viaggio dell’orrore che si è consumato in varie case, ha subito la forma più estrema di una violenza che ha assunto tutte le macabre sfumature possibili: la segregazione.

La storia arrivata da Lamezia Terme, in Calabria, dove una giovane donna di 29 anni è stata tenuta in ostaggio per dieci anni, schiavizzata e violentata da un uomo di 52 anni, inquieta, inorridisce, interroga. Suscita sensazioni differenti ma accomunate da un denominatore comune: l’incredibile orrore al pensiero che un essere umano, una donna, una madre, possa ritrovarsi, inerme di fronte a una violenza che non ha conosciuto limiti.

A partire da quella fisica e sessuale, che rappresenta la forma più cruenta dell’umiliazione per il corpo femminile ridotto a oggetto sessuale, non consenziente e nelle mani dell’uomo-orco. Il primo sgomento che nasce da questa storia è la simultanea sovrapposizione di diversi livelli di violenza. Oltre a quella sessuale, perpetrata per anni e alla quale la donna non ha potuto ribellarsi, c’è la crudeltà verso i due figli nati da quegli abusi.

L’angoscia della madre costretta a essere stuprata sotto gli occhi dei figli. E poi, ancora, la bestialità forse più grave – se mai fosse possibile determinare un più o un meno in questo climax di violenze – cioè quella dei figli, nati da due stupri, costretti ad assistere alla loro madre violentata dallo stesso uomo che li ha procreati.

Il potere maschile ha raggiunto qui forme esasperate che sovrastani ogni immaginazione: il possesso, la sottomissione, l’annientamento, il sadismo. Tratti che troviamo, senza raggiungere questi livelli di grave patologia, in tutte le storie di violenza di genere, nello stalking, nei femminicidi. Gli ingredienti sono gli stessi. In controluce vediamo intrecciarsi qui tante storie di violenza e dolore concentrate in questo gorgo disumano.

E poi i bambini. Il loro gelo nel cuore. Quale calore riuscirà a scioglierlo? La violenza assistita è forse la più macabra delle violenze che caratterizzano questa storia perché coinvolge tutte le vittime di quell’uomo: la madre ma anche i figli costretti ad assistere ad atti di aggressività, abuso e violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale.

In questa situazione i due piccoli sono stati costretti a crescere in un ambiente familiare caratterizzato da aggressività continua, percependo un costante clima intimidatorio e il pericolo per la madre vittima a cui forse erano legati affettivamente. Forse. Perché è difficile immaginare come possano avere sviluppato affetti in un tale grumo di disumanità relazionale. Nella totale assenza di cura e accudimento. Di fatto come orfani. Perché privati del principale ruolo di un padre e una madre: quello educativo.

Difficile immaginare i vissuti e i pensieri di quella donna costretta per anni a subire la doppia umiliazione di essere violentata e di vedere i propri figli piegati a quello spettacolo perverso e bestiale. Non basterà una vita a far dimenticare il male subito e l’annientamento della dimensione umana nell’oscurità della follia di quel padre.

I particolari che sono emersi, a iniziare dal degrado della baracca, mettono in evidenza come quella violenza non abbia fatto sconti, non abbia cioè tenuto conto delle minime condizioni di sicurezza per la donna e per quei due bambini. Tutto era abbandonato, lasciato al caso, come se la compagna e i bambini non esistessero.

Quello che invece era diventato sistematico e ben studiato era il piano di segregazione e il ripetersi, incessante, di quegli abusi, diventati abitudine. Nell’impossibilità delle vittime di reagire si è consumata una storia oscura di quelle che non avremmo mai voluto leggere e che invece oggi abbiamo il dovere di commentare. Perché è potuto accadere. E perché non accada mai più.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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