Il registro dei progetti di vita è un passo in avanti qualitativo per il futuro delle persone fragili
La mozione presentata in consiglio comunale a Reggio Emilia per l’istituzione del registro dei progetti di vita delle persone fragili può rappresentare un passo in avanti nelle politiche e nelle azioni di tutela e di assistenza che hanno come destinatari le persone con disabilità, ma anche tutti coloro che si trovano in una situazione di fragilità.
Dopo la legge sul Dopo di noi, voluta fortemente dal Partito Democratico e che ha un’importante valenza nazionale, Reggio Emilia si pone ora come apripista di un progetto pilota che può essere preso come esempio e punto di riferimento da altre città e Regioni.
La legge sul “dopo di noi” ha tracciato un solco importante, quello della possibilità dell’autodeterminazione per le persone fragili, introducendo uno strumento di grande importanza, il trust e l’amministratore di sostegno: la possibilità cioè per i genitori di trasferire i beni – mobili e immobili – ai propri figli, potendo usufruire di sgravi fiscali.
Si apre quindi alle persone in condizione di fragilità la possibilità di godere di beni che sono loro cari, a iniziare dalla propria abitazione, oppure di essere ospitati in case-famiglia o comunque in gruppi appartamento che consentano una cura individualizzata delle persone.
La mozione rappresenta un naturale proseguimento del percorso tracciato in Parlamento: il progetto di vita, infatti, è un documento che afferma l’importanza di dare ascolto a bisogni, desiderata e aspirazione delle persone fragili in modo da tutelare la loro volontà – quando si ritroveranno soli per la scomparsa dei genitori o dei familiari.
Ciò significa che è sempre possibile, ed è anzi un fondamentale compito politico, individuare in qualunque situazione (anche apparentemente priva di prospettive) la possibilità per un progetto. Nella prassi quotidiana dell’aver cura, spesso vissuta nelle penombre dove si accompagnano i percorsi esistenziali dei soggetti con disabilità gravi, occorre non rinunciare a scoprire in queste persone una possibilità esistenziale, anche oltre ogni apparenza contraria.
Questa dimensione del progetto di vita va quindi sostenuta con coraggio e determinazione, tenendo ben presente l’importanza di coniugarne le due dimensioni della cura: quella medica del “to cure” con il “to care“, prendersi cura, aver cura della persona e del suo progetto. In questo modo si offre alle persone fragili un’autentica opportunità di dignità esistenziale.