Vanna Iori

Sulla Gazzetta di Reggio l’articolo “Ecco la legge contro il cyberbullismo”

Sulla Gazzetta di Reggio l’articolo “Ecco la legge contro il cyberbullismo”
19/01/2017 | Categorie: Cyberbullismo, Media Press


Mercoledì 18 gennaio 2017 la Gazzetta di Reggio ha pubblicato sulla sua edizione cartacea l’articolo “Ecco la legge contro il cyberbullismo” contenente il resoconto della serata di lunedì 16 gennaio al centro “Del Rio” di Barco di Bibbiano, alla quale ho preso parte per illustrare cosa prevede la legge contro il cyberbullismo attualmente in discussione in Parlamento.

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Qui sotto la trascrizione integrale dell’articolo.

Cyberbullismo: uno dei fenomeni sociali più insidiosi del nostro tempo e non regolato perché il web resta terra di nessuno. La deputata Pd Vanna Iori, tra i parlamentari reggiani promotori dell’apposita proposta di legge a tutela dei minori, ha illustrato la bozza di regolamentazione lunedì sera al centro “Del Rio” di Barco di Bibbiano, su iniziativa del Forum Donne Val d’Enza, del Comune di Bibbiano (in prima fila il sindaco Andrea Carletti) e dell’Unione Val d’Enza.

Per cyberbullismo si intende il bullismo, ossia discriminazioni e derisioni di un gruppo verso il singolo, su vittime under 18 nell’era 2.0: vale a dire reiterato nel tempo e perpetrato sui social network dove in pratica nulla può essere cancellato. La prima promotrice della legge è stata la senatrice Pd Elena Ferrara, ex insegnante di una studentessa di 12 anni che si è suicidata a Novara perché umiliata su internet.

Il testo prevede parecchie innovazioni legislative. Abbandonata l’idea di istituire un reato ad hoc, il cyberbullismo viene considerato come un’aggravante dello stalking. Per chi ha meno di 14 anni è previsto l’ammonimento da parte del questore. Per chi non ha ancora compiuto i 18, si passa a una forma di giustizia riparativa con finalità di rieducazione: ad esempio, se il responsabile ha sbeffeggiato un disabile, la pena può essere accompagnarlo a lezione.

Nei casi più gravi, in base al reato di stalking, se l’autore è un maggiorenne («e i ragazzi di quinta superiore lo sono») è previsto anche il carcere, da uno a sei anni. La bozza prevede che sia istituita la figura di un referente scolastico, l’eventuale sospensione del cyberbullo e il sostegno psicologico alle vittime.

A queste misure si aggiungono finanziamenti alle scuole che mettono in campo la prevenzione. «Si tratta di 220mila euro per il sostegno alla polizia postale e 50mila euro per le scuole: è poco, ma è un inizio», commenta Vanna Iori. Inoltre sarà istituito un tavolo tecnico, presso la Presidenza del Consiglio, impegnato in una raccolta di dati e nella redazione, ogni due mesi, di un report obbligatorio sulle attività svolte.

La novità giuridica più importante consiste nel fatto che chiunque (sia esso un genitore o un insegnante) può fare richiesta al gestore del sito di oscurare certe frasi o gruppi, anche se Facebook non è molto ricettivo a riguardo. Se entro 24 ore il gestore non provvede, si può presentare istanza di oscuramento o rimozione al garante della Privacy.

«Sarebbe una svolta, ma pare che il Senato voglia modificare questa clausola», ha spiegato Vanna Iori. «L’iter è stato parecchio travagliato», dice la deputata. «Questa è la classica legge navetta, che continua ad essere rimpallata tra i due rami del Parlamento. Partita dal Senato, alla Camera la proposta è stata assegnata a due commissioni discordi: gli Affari sociali la voleva impostare solo sugli aspetti preventivi, la Giustizia solo sugli aspetti sanzionatori. Il risultato è un compromesso a mio parere buono, che però ha scontentato molti».

Non solo: se ci sono voluti due anni per arrivare al secondo passaggio al Senato, il M5S si è messo di traverso e ora si aggiunge l’incognita della durata del governo Gentiloni. «Se l’attuale governo arriva a fine anno ci sono buone probabilità che si arrivi in fondo, ma se si vota a giugno con lo scioglimento delle Camere in aprile la proposta rischia di restare nel cassetto».

«Eppure – conclude Iori – ce ne sarebbe un gran bisogno. Un preside di Parma ha scritto su un tabellone alcune frasi simbolo prese dal web. Commenti del tipo “devi morire”, “secchiona non meriti di vivere” e via di questo passo. La reazione dei genitori è stata di rifiuto, non credevano che i loro figli avessero scritto quelle offese».




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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