Vanna Iori

Sull’agenzia Dire: “Perché per i giovani c’è bisogno di progettare spazi educativi”

Sull’agenzia Dire: “Perché per i giovani c’è bisogno di progettare spazi educativi”
26/11/2016 | Categorie: Dire, Giovani, Media Press


Il mio articolo di oggi, sabato 26 novembre 2016, pubblicato sulle pagine dell’agenzia di stampa Dire.

 

Disorientati, immersi nella Rete dove l’individualismo e l’anonimato fanno da effetto detonatore all’isolamento e, molto spesso, alla violenza. Incapaci, spesso, di riconoscere – e quindi di gestire – i sentimenti. Rapporti interpersonali mediati sempre più dalle tecnologie, dove la bellezza e il calore del face to face sono stati sostituiti dalla rigidità e dalla freddezza dello smartphone.

I giovani d’oggi, tra vecchi e nuovi interrogativi, chi sono? Come aiutarli e accompagnarli nel complesso e variegato periodo dell’adolescenza?

Una delle priorità non risiede tanto nel costruire progetti per i giovani quanto nel favorire occasioni, luoghi ed esperienze che facilitino la costruzione di progetti di sé e per la propria esistenza. E quindi, innanzitutto, creare spazi per una progettualità giovanile.

Perdere la dimensione progettuale significherebbe infatti perdere la capacità di pro-gettarsi nel futuro, di concepire speranze, utopie, progetti e tutti quegli aspetti divenuti sempre più difficili. Questo è un danno gravissimo non solo per i giovani ma per tutta la società. Significa un appiattimento nel presente che non sa guardare avanti.

Restituire ai giovani il futuro significa invece recuperare quelle dimensioni di vita che hanno a che fare con l’impegno, le scelte, il coraggio, la speranza. Significa recuperare la coscienza dell’appartenenza alla storia, individuale e sociale. ‎

Si tratta perciò di pensare innanzitutto gli spazi della quotidianità come luoghi in cui prendersi cura dei giovani attraverso una reale attenzione alle esigenze, ai valori, alle consapevolezze esperienziali che nutrano i vissuti di radicamento. Lo spazio educativo è uno spazio della relazione per uscire dalla “lontana vicinanza” della solitudine e con-dividere il mondo con altri.

Dove vi è con-divisione educativa e “prendersi cura” dell’altro, lo spazio educativo assume un volto amico; dove la relazione permane nell’indifferenza reciproca, lo spazio diventa rigido e minaccioso. L’aspetto pedagogicamente più significativo per la prospettiva di senso giovanile è un’intenzionalità volta a trasformare i “non luoghi” in luoghi significativi sul piano personale e relazionale.

Affinché gli spazi dell’isolamento e dello sradicamento diventino spazi dell’abitare autentico, occorre attivare scelte pedagogiche che ridefiniscano il senso della memoria e della progettualità giovanile come apertura al possibile e al poter-essere.

Non rinunciare alla dimensione progettuale è quindi la tensione ideale non solo per i centri di aggregazione giovanile, ma perché si costruisca e si diffonda una società in cui ci sia spazio per i giovani.

In tal senso innanzitutto è necessaria una diffusa azione sociale per contrastare l’isolamento e l’indifferenza reciproca. Il recupero delle relazioni che rivestano un senso comporta il superamento dell’indifferenza sia per l’altro nella prossimità del gruppo, sia per quell’altro più vasto che è la società.

Un progetto di sé non può nascere nell’isolamento o, peggio, nell’emarginazione, bensì nei luoghi dove sia possibile instaurare relazioni positive con altri giovani e con adulti significativi, dove dare espressione alle proprie idee, alle proprie energie vitali, ai propri gusti culturali, artistici, musicali, alle proprie modalità di percepire ed esprimere l’impegno sociale.

La crisi della politica e la scarsa partecipazione dei giovani alla politica stessa passa anche attraverso il mancato coinvolgimento dei giovani negli spazi dei media come protagonisti di idee e proposte e non soltanto come fruitori di reality e fiction.

Emarginati dalla cultura dei media (gli ospiti dei programmi di approfondimento politico o sociale sono sempre adulti e anziani), i giovani non possono partecipare alle discussioni sulle questioni importanti che decidono del loro futuro; mentre gli spazi loro dedicati sono soltanto ludici o giovanilistici.

La progettazione di luoghi di ascolto per i giovani non può prescindere dalla dimensione educativa e relazionale dell’ascolto. La socializzazione giovanile si traduce così in un essere “insieme” agli altri nella crescita come individui autonomi che esercitano il proprio diritto alla dignità umana, sociale e civile.

Anche sotto la scorza più apparentemente dura di sicurezza di sé, i giovani hanno bisogno di essere presi sul serio, di essere ascoltati in modo non frettoloso e distratto. Tra l’intimità dell’abitare domestico e l’esteriorità della strada, lo spazio educativo per i giovani dovrebbe accogliere ma non inglobare e opprimere, abbracciare senza soffocare, offrire relazioni salde ma rimanere crocevia di erranze esistenziali, far crescere condivisioni ed estromettere l’indifferenza reciproca per dare un nome ai vissuti delle relazioni.

L’identità giovanile si costruisce sulla base di conoscenze e competenze fornite da molti saperi, ma il primo fra questi è il sapere affettivo ed emotivo, così importante nella formazione poiché è il cuore stesso della formazione e della cultura.

Inoltre è decisivo che uno spazio giovani, come luogo fisico e simbolico, sia inserito permanentemente in una rete tra servizi, al fine di individuare e creare spazi di aggregazione che facciano percepire l’esperienza di appartenenza e radicamento nel territorio, per suscitare il senso dell’abitare, rendendo sempre più solide le reti territoriali.

Il sentirsi “a casa” è un’esperienza fondamentale che va sostenuta attraverso tutte le possibili esperienze di community care in grado di contrastare molte forme di emarginazione e di disagio giovanile, promuovendo vissuti di protagonismo e di partecipazione attiva alla vita sociale.

In tal senso gli spazi educativi per i giovani devono essere accoglienti, senza assumere il carattere di “tana” o “rifugio”, ma rimanere luoghi della comunicazione con il background sociale. Luoghi da cui salpare verso uno “spazio dell’oltre” e luoghi dove “approdare”.

Spazio educativo è quello della corresponsabilità sociale che costruisce città solidali dove si riscopra il ruolo delle reti informali: uno spazio, dunque, che non si rivolga solo ai giovani, ma a quella più vasta realtà comunitaria che impara a prendersi a cuore i giovani affinché essi stessi imparino a prendersi a cuore la comunità, costruendo una piena cittadinanza nello spazio-mondo, senza assumerne passivamente le imposizioni inautentiche.‎




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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