Sul Resto del Carlino: “I genitori incerti nel dare regole e c’è un vuoto nei servizi educativi”

Domenica 20 novembre 2016 il Resto del Carlino Reggio ha pubblicato una mia intervista di commento alle parole contenute nella nuova lettera pastorale del vescovo mons. Massimo Camisasca.
Ecco la trascrizione completa dell’intervista.
Vanna Iori, deputata del Pd e docente di pedagogia alla Cattolica di Milano: cosa ne pensa delle parole di Camisasca?
«Condivido il fatto che molti giovani si sentono smarriti di fronte ai valori e alla progettualità della loro esistenza. Purtroppo si trovano in un contesto in cui è difficile concepire un progetto sociale. Ciò li rende superficiali, indifferenti e privi di quella gioia che servirebbe per costruire il futuro. Nella società prevalgono parole di odio, violenza e volgarità, che vengono respirate dai ragazzi. Tutto ciò non aiuta noi adulti nel mettere in atto il processo educativo».
Ma di chi è la colpa se i giovani sono disorientati?
«La prima riflessione riguarda la famiglia. Padre e madre si mostrano spesso incerti. Invece i ragazzi hanno bisogno di regole per crescere, non foss’altro per trasgredirle. Il compito dei genitori è di dare una direzione alla vita dei figli, trasmettere valori è importante, anche sapendo che magari loro non accetteranno la strada indicata, ma ne sceglieranno un’altra. I figli sono come frecce scagliate dal nostro arco: possiamo solo indirizzarle, dove arriveranno non si sa».
E poi?
«Un altro problema riguarda i servizi educativi e sociali per l’età della preadolescenza. Se quelli per la prima infanzia e per gli anziani sono di eccellenza qui a Reggio, c’è un vuoto da colmare nella fascia che va dalle medie ai primi anni delle superiori, dove solo adesso il Comune sta incominciando ad agire».
Nell’era “virtuale”, è impossibile non pensare al web.
«Infatti la terza questione è proprio la Rete. Molti ragazzi sono sempre connessi, ma soli. Parlano tramite le chat e whatsapp, forme di dialogo che si sostituiscono alle relazioni vere. Il punto estremo di questa condizione è quello che si è verificato in Giappone col fenomeno dei cosiddetti giovani ritirati, ovvero adolescenti che non lavorano, non vanno più a scuola e si chiudono nella loro stanza davanti a un computer».
Anche nelle emozioni latitano.
«Sono analfabeti di sentimenti. Spesso non sanno dare un nome a quello che provano, nè collegare ciò che fanno come conseguenza di ciò che sentono».
Cosa si può fare?
«Ben vengano tutte le attività scout, dei centri estivi, oratori e scuola. E poi pensiamo all’importanza dello sport. Che ha un ruolo fondamentale per tirare fuori i ragazzi dal guscio».