Vanna Iori

Sull’agenzia Dire: “La separazione non è solo un fatto privato”

Sull’agenzia Dire: “La separazione non è solo un fatto privato”
16/11/2016 | Categorie: Dire, Famiglia, Genitorialità, Media Press


Il mio articolo di oggi, mercoledì 16 novembre 2016, pubblicato sulle pagine dell’agenzia di stampa Dire.

 

La separazione tra coniugi, e la conseguente rottura dei legami all’interno del nucleo familiare, hanno come contesto – non solo fisico – quella delle mura domestiche. Incomprensioni, litigi e riavvicinamenti precari caratterizzano un percorso tortuoso che, quando implode, si traduce nell’atto concreto della separazione.

Ma il percorso separativo e la costituzione di nuove famiglie non riguarda solo la coppia e i figli. Al contrario, coinvolge tutta la rete parentale e sociale.

Le separazioni sono un fatto privato e al tempo stesso assumono una dimensione pubblica: sono, paradossalmente, relegate nell’isolamento e “amplificate” dalla chiacchiera banalizzante.

La frattura è vista come una via d’uscita da un legame conflittuale, spesso ritenuto doveroso per preservare se stessi o i figli da maggiori sofferenze (o violenze). Ma non si possono ignorare le conseguenze che comunque l’accompagnano in termini di riduzione della rete sociale e relazionale.

La solitudine è oggi una condizione che riguarda tutte le famiglie. Dal punto di vista socio-demografico nuclei sempre più “privatizzati”, poveri di relazioni con il contesto, hanno ridotto e impoverito la comunicazione con l’esterno, le reti informali di vicinato, di pianerottolo, di cortile, consegnandosi a un crescente predominio della privacy.

Discrezione e riservatezza si accompagnano in modo ambivalente all’indifferenza verso ciò che accade alle altre famiglie e, più in generale, verso il contesto territoriale e sociale di appartenenza. Il rispetto del privato assume anche il volto (corrispondente e contrario) del disinteresse verso ciò che accade al di fuori del proprio nucleo.

Indifferenza e disinteresse diffuso acuiscono, durante la separazione, la difficoltà a cercare e trovare conforto nel contesto relazionale (a cominciare dalle rispettive famiglie d’origine); questo passaggio turbolento e doloroso è quindi vissuto in solitudine, pur essendo sottoposto a forti ripercussioni esterne.

Gli amici che la coppia frequenta non sono generalmente messi al corrente delle difficoltà e le amicizie comuni si diradano o si dissolvono al momento della separazione. Restano talvolta gli amici di lui o di lei. Qualcuno invita a cena separatamente i due ex coniugi, ma in generale il periodo che segue la frattura è contrassegnato dall’abbandono delle relazioni precedenti.

Se scambi di informazioni, di consigli e di aiuti divengono più intensi nei momenti di difficoltà “dicibili” – una malattia, un licenziamento, un trasloco, una nascita – tutto ciò non avviene invece per le difficoltà che accompagnano la separazione; forse per il timore di valicare i confini di quella zona segreta che appartiene solo alla coppia.

Le motivazioni che originano la decisione e i sentimenti che l’accompagnano sono interni alla coppia, spesso intimi e non comunicati all’esterno. Tuttavia il fenomeno investe innegabilmente un sistema di relazioni che va ben oltre la coppia e i figli coinvolti, e non passa inosservato innanzitutto dal contesto più prossimo.

Un esempio: il divorzio dei genitori degli amici si ripercuote anche nei bambini che vivono in famiglie intatte e legate da precedenti relazioni genitoriali; i bambini manifestano talvolta ansia riguardo all’eventualità che anche i loro genitori possano divorziare.

Per far fronte a questa situazione, anche se le reti familiari sono quelle verso cui la coppia in separazione rinvia la comunicazione della decisione, sono però anche la prima risorsa interna, il primo livello di erogazione di servizi e prestazioni di cura, quando avviene effettivamente la separazione.

Ogni evento riguardante la coppia dopo il matrimonio è condiviso dalle famiglie d’origine. Gli amici, i colleghi di lavoro, gli insegnanti, la parrocchia, la scuola, il quartiere sono realtà potenzialmente rilevanti per l’educazione dei ragazzi durante il processo di separazione, per un migliore adattamento al passaggio dalla famiglia intatta a quella separata.

Soprattutto nell’adolescenza, la diminuzione del controllo genitoriale e la maggior indipendenza dei figli delle famiglie separate possono infatti spingerli alla costruzione di una rete amicale più varia rispetto ai coetanei, ma anche più esposta a frequentazioni devianti.

Aiuti relazionali, educativi e sociali dovrebbero perciò venire dal contesto territoriale, e innanzitutto dalla scuola, qualora ve ne fossero le condizioni e la volontà politico-istituzionale. Altre forme di sostegno ai separati possono essere attivate, in modi e tempi diversi, dai servizi socio-sanitari, dai consultori familiari, da associazioni di volontariato che si prestino a tale scopo; oppure, dove esistono, dai centri per le famiglie.

L’importanza dei luoghi comunitari fa sì che l’evento separazione e l’educazione dei figli in tale circostanza non siano delegati esclusivamente alla coppia genitoriale o, tutt’al più, alle reti familiari primarie. Le reti informali esterne rappresentano il terreno più fecondo di risorse per la famiglia; sono il tessuto che sorregge quella genitorialità diffusa, fonte di appartenenza e di identità.

Le reti informali non offrono solo protezione, ma anche riconoscimento, fiducia e creano modalità interattive caratterizzanti lo spazio pubblico come polis, spazio di partecipazione che la postmodernità sta mettendo progressivamente in discussione. È essenziale non disperdere questa esperienza relazionale, che risulta decisiva proprio nella transizione separativa.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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