Vanna Iori

Sul sito Dire: “Vivere oggi il territorio. Tra empowerment e partecipazione”

Sul sito Dire: “Vivere oggi il territorio. Tra empowerment e partecipazione”
29/09/2016 | Categorie: Dire, Media Press


Il mio articolo di oggi, giovedì 29 settembre 2016, pubblicato sulle pagine dell’agenzia di stampa Dire.

 

Le trasformazioni sociali veloci e di forte intensità che stanno attraversando oggi la nostra società pongono all’attenzione irrinunciabile degli amministratori, dei responsabili delle politiche sociali, degli operatori e di tutti i cittadini i temi della coesione, della partecipazione, della sicurezza stessa, per potere progettare politiche volte al miglioramento della qualità della vita.

L’incalzante trasformazione nella composizione sociale, legata anche ai recenti flussi immigratori, nei rapporti intergenerazionali e nei nuovi media, che hanno radicalmente modificato le tradizionali modalità comunicative, ripropone le tematiche relative alla coesione sociale, o meglio alle possibili strategie per attivare nuove modalità di comunicazione e di coesione.

Nucleo tematico centrale in tale ordine di problemi è il territorio, luogo primo dei vissuti della quotidianità, e fondamento della cittadinanza intesa come possibilità di riconoscersi e di essere riconosciuti. Il territorio è il senso stesso dell’abitare.

La valorizzazione della territorialità si esprime nella domiciliarità, nel senso di appartenenza a un contesto che è, in primo luogo, quello abitativo (il costrutto, l’edificio architettonico, la struttura urbanistica di un determinato “angolo della città”), ma che è, al tempo stesso, relazionale, sociale, culturale.

L’appartenenza è quindi il radicamento nel territorio, inteso come “sentirsi a casa”, circondati di cose note, di volti noti, partecipi di quella di fronte alle politiche sociali. Per dare vita a una responsabilità diffusa, che diventa sicurezza diffusa, è necessario il superamento della frammentazione sociale che si è venuta acuendo in questi anni per la diminuita importanza dei luoghi di aggregazione tradizionali (partiti, bar, oratori…) e anche per la tendenza a rimanere di più in casa.

L’accelerazione delle criticità sociali e le ripercussioni sulla dimensione territoriale è la sfida attuale più impegnativa per una prospettiva di domiciliarità. Alcune esperienze di “sviluppo di comunità” hanno confermato l’importanza del coinvolgimento e della mobilitazione di una molteplicità di soggetti, in posizione anche molto diversa nel livello della gerarchia sociale, del pubblico e del privato, espressioni di realtà formali e informali.

Alle stesse conclusioni sono giunti autorevoli studi ed esperienze condotte in altri contesti urbani che mostrano come molti grandi progetti impostati negli anni ‘80 (ineccepibili sul piano teorico) hanno incontrato difficoltà di realizzazione proprio per la resistenza degli abitanti, mantenuti estranei ai processi di decisione e di sviluppo dei progetti.

È dunque importante un nuovo atteggiamento culturale, da parte dei progettisti e degli amministratori, per comprendere la rilevanza delle assunzioni in carico delle problematiche comunitarie, per creare le condizioni di fattibilità degli interventi.

Se la partecipazione è elemento decisivo, essa è, al tempo stesso, sempre più difficile, se non la si vuole intendere come una semplice “consultazione” dei cittadini. Per favorire una partecipazione reale e costruire una domiciliarità come territorialità è quindi necessaria la promozione dell’empowerment, il rifiuto della delega, la valorizzazione dei cittadini come risorsa, e quindi come attori e protagonisti delle loro politiche, anziché come passivi destinatari di politiche pensate altrove.

Su questa base può esserci uno sviluppo del senso di appropriazione della progettazione sociale, non vissuta come estranea, ma percepita come prodotto di una volontà condivisa.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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