Su Dire: “Una legge per dire basta al bullismo e al cyberbullismo”
Il fenomeno del bullismo è stato spesso sottostimato, addirittura considerato un normale passaggio nella crescita, anche se l’incontro con le prepotenze lascia sempre innegabili tracce nella crescita delle persone coinvolte.
Oggi però i comportamenti di bullismo e di cyberbullismo sono diventati sempre più frequenti, con caratteristiche e conseguenze talvolta ancora più gravi, non solo tra bambini, preadolescenti e adolescenti, ma anche in fasce di età che comprendono giovani adulti.
La cronaca lo attesta e ne parla sempre più frequentemente. La storia di Tiziana Cantone, la giovane donna di 31 anni che si è tolta la vita perché non ha retto l’urto della denigrazione e degli insulti sul web, è solo l’ultima di una serie di storie sottaciute. Storie di soprusi e di ferite, anche virtuali, ma non per questo meno dolorose.
Intervenire con una legge per contrastare questi fenomeni era necessario e doveroso. Grazie alla legge si andrà a colmare un vuoto normativo che dura da anni. Si darà importanza all’educazione e alla prevenzione, innanzitutto, ma anche agli interventi sanzionatori, senza eccedere in norme repressive soprattutto quando si tratta di minorenni.
Non è una legge permissiva: è prevista, infatti, la necessaria punizione, ma finalizzata sempre alla rieducazione. Questa legge guarda all’universo dei bulli. Il “bullo” è spesso un bambino o un adolescente insicuro e ansioso con una bassa autostima che mette in atto reiterati comportamenti aggressivi, intenzionali e premeditati, nei confronti di un altro soggetto più debole incapace di difendersi, al fine di prevaricare, di escludere, di emarginare, di ferire l’autostima attraverso insulti e minacce.
Come testimoniato da diversi studi, questi episodi di prevaricazione si consumano frequentemente in ambito scolastico, ma anche negli ambienti sportivi, ricreativi, negli oratori, nei campi gioco e nelle associazioni giovanili.
La presenza dei compagni, che hanno il ruolo di complici o di semplici spettatori, mette in luce come il bullismo non riguardi unicamente persecutore e vittima, ma sia un fenomeno di gruppo legato a dinamiche relazionali e comportamentali più ampie, e che non riguardano unicamente la violenza fisica ma anche quella psicologica, con lo scopo di intimorire, molestare, aggredire o mettere in imbarazzo.
A seguito della diffusione delle tecnologie informatiche, della messaggistica istantanea, di Internet e dei social network, si registra un aumento vertiginoso del cyberbullismo. Le conseguenze del bullismo online sono più gravi e imprevedibili, tendenzialmente fuori controllo perché, escludendo la comunicazione non verbale, scompare la possibilità di cogliere le reazioni dell’altro nella sua concretezza corporea e nella sua mimica facciale.
Ciò rende più disinibiti e aggressivi questi “spietati del web”, che usano parole come pietre protetti da un anonimato che genera un indebolimento delle remore etiche e dei vissuti di colpa per ciò che si è pubblicato in rete.
A ciò si deve aggiungere che il permanere delle immagini, dei video e delle offese verbali rende praticamente le vittime impotenti nella condizione di una visibilità senza confini di tempo e di spazio: il “bullo” ha la possibilità di insinuarsi nella vita privata e attuare la sua azione in un anonimato a cui è difficile reagire.
Le azioni online hanno dunque effetti offline. Importante, in questo senso, è una delle norme previste dalla legge, cioè l’oscuramento, la rimozione e il blocco dei contenuti di cyberbullismo attraverso un’istanza ai responsabili dei siti Internet, delle piattaforme telematiche e dei servizi di messaggistica o al garante della privacy, che può effettuare direttamente questi interventi se – entro 24 ore – non vi provvede il responsabile informatico.
Al contrasto di questi fenomeni si è voluto guardare con un’ottica che mira anche ad affrontare il tema dell’insufficiente educazione, tra gli adulti e tra i giovani, circa i pericoli della rete e la mancanza di conoscenza sul corretto e sicuro utilizzo degli strumenti telematici e informatici; ma, ancor più, di supporto alla gestione della vita emotiva, degli alfabeti dei sentimenti che sono all’origine di questi comportamenti.
È fondamentale lavorare prioritariamente in una prospettiva di prevenzione con interventi volti a contrastare il fenomeno, supportati anche tramite un concreto sostegno informativo/formativo a famiglie, insegnanti ed educatori nelle diverse realtà educative (sportive, parrocchiali, associazionali).
Occorre un impegno condiviso da parte di molti soggetti: istituzioni, ministeri, operatori educativi e scolastici, operatori dei servizi internet, polizia postale, garante per la privacy, genitori e ragazzi stessi. Per relegare nell’angolo il bullismo e il cyberbullismo serve un patto educativo che tenga dentro tutti questi soggetti.