Vanna Iori

Su HP: “Disinnescare l’imprevedibilità del terrorismo per generare umanità”

Su HP: “Disinnescare l’imprevedibilità del terrorismo per generare umanità”
01/08/2016 | Categorie: Huffington Post, Media Press


Il mio nuovo articolo uscito oggi, lunedì 1 agosto 2016, sull’Huffington Post.

 

Nella società occidentale, dove tutto tende a essere programmato e previsto, c’è un nuovo elemento con il quale dobbiamo convivere e che risulta ancora troppo inesplorato, determinando di fatto un’inadeguatezza di fondo dei nostri comportamenti: l’imprevedibilità.

È il terrorismo, con tutto il bagaglio di paura e ansia che si porta dietro, ad aver introdotto violentemente questo concetto nella nostra vita quotidiana. Noi occidentali, che abbiamo identificato lo sviluppo con la programmazione, a volte quasi ossessiva, tendiamo a nascondere la possibilità dell’imprevedibile, per sottrarci all’impensabile. L’imprevedibile esplode nella nostra quotidianità come una bomba, improvvisa: un detonatore in grado di far saltare le nostre coordinate mentali e culturali.

Eppure l’impensato è qui. Tra noi. Negli attacchi terroristici che hanno insanguinato l’Europa nell’ultimo mese, dalla strage sulla Promenade des Anglais di Nizza, plateale, pubblica, nel giorno più importante per la Francia, quello dell’anniversario della presa della Bastiglia, a quello più contenuto, interno, periferico, ma non per questo meno grave, dell’assalto alla piccola chiesa vicino Rouen. Non solo. L’imprevedibile agisce anche con i falsi allarmi, che rendono ancora di più evidente la nostra incapacità di far fronte a questi nuovi scenari.

Dopo la strage al teatro Bataclan di Parigi, il salto qualitativo compiuto dal terrorismo è evidente. L’imprevedibile si è spostato sempre più dai non luoghi, come aeroporti e stazioni, ai luoghi simbolo della nostra società. Il lungomare di Nizza, il centro commerciale di Norimberga, fino alla chiesa vicino a Rouen.

I terroristi spostano l’imprevedibile nei luoghi delle nostre abitudini, della quotidianità, persino della preghiera intima in una chiesa semi-deserta. Se dopo gli attacchi all’aeroporto di Bruxelles, solo per citare un caso di un non luogo, abbiamo cercato magari di non sostare per molto tempo in aeroporto, ecco che il terrorismo si insinua nei luoghi della quotidianità, dove ci sentivamo sicuri.

Questo cambio di passo impone non solo una riflessione, ma anche un’azione. Rispondere al quesito del “che fare” non è affatto semplice, ma proviamoci. Partiamo da quello che non dobbiamo, a mio avviso, fare. Rinchiuderci. Pensare che il fortino della nostra programmazione possa reggere a un urto che si fa ogni giorno più imponente e soprattutto più ramificato.

Se estremizziamo la nostra posizione, quella della programmazione, e non impariamo a dotarci di strumenti in grado di convivere con l’imprevedibile, di comprenderlo e soprattutto di rielaborarlo in chiave positiva, siamo destinati a vivere nella paura, imboccando quell’età dell’ansia nella quale non dobbiamo entrare, come ha sottolineato qualche giorno fa il presidente della Repubblica Mattarella.

In questo senso reputo importanti le parole pronunciate dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, cioè quel “si può ancora fare” riferito alla decisione di non mutare le politiche di asilo a causa della minaccia del terrorismo. Così come la presenza dei musulmani nelle chiese cattoliche sono un segno di speranza nel tempo della paura.

La chiusura è sempre privazione. Relegare l’imprevedibile “fuori” dalle nostre porte non ci porterà a vivere in serenità “dentro” le nostre case, imbrigliati nelle nostre consuetudini istituzionalizzate. Qualcuno busserà sempre e svegliarsi nel cuore della notte diventerà sempre più difficile e doloroso se non impariamo a stare nell’imprevedibile tenendo desta la vita delle coscienze, fuori dai nostri schemi consueti e statici di pensiero.

Dovremo necessariamente mutare forma mentis per non lasciarci imprigionare dalla paura, per dare invece una svolta al corso dell’esperienza, trasformare la visione delle cose e modificare i comportamenti imparando dall’esperienza dello spiazzamento a riguadagnare umanità. Non a perderla.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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