Vanna Iori

All’Agenzia Dire: “La legge sugli educatori e sui pedagogisti è una svolta storica”

All’Agenzia Dire: “La legge sugli educatori e sui pedagogisti è una svolta storica”
07/04/2016 | Categorie: Educazione, Iniziative e convegni, Media Press


Giovedì 7 aprile ho partecipato all’incontro organizzato dall’Agenzia di stampa Dire per approfondire i contenuti della mia proposta di legge di disciplina delle professioni di educatore e pedagogista, che lo scorso 31 marzo ha ricevuto il via libera della Commissione Cultura della Camera dei deputati.

Questa legge è importante perché ad oggi la professione dell’educatore è in ombra ed è ancora poco conosciuta. Nella percezione comune le persone non hanno idea di cosa sia un educatore o comunque lo collegano soltanto al lavoro dell’infanzia negli asili, seppur lavori in molti ambiti.

Credo allora che questa sia una svolta storica, perché per la prima volta l’educatore diventa finalmente una figura professionale e per svolgere questo lavoro è necessaria una laurea triennale. Sono convinta che occorra valorizzare le sue competenze, dal momento che l’educatore svolge quelle attività cruciali che fanno avanzare la società, perché si svolgono in ambiti e con persone in crescita come i bambini o i soggetti fragili.

Gli educatori sono operatori che lavorano in un ambito che finora non era stato sufficientemente riconosciuto né sul piano scientifico, né sul piano politico e conseguentemente neppure su quello economico. Al punto che il titolo di educatore riconosciuto in Italia ad oggi non ha nessun valore negli altri paesi europei. Per questo serve un riconoscimento anche all’estero.

Di una legge del genere c’è urgenza, perché bisogna garantire ancora di più la professionalità degli educatori. Fermo restando che, per quanto riguarda i recenti episodi di cronaca, si tratta di minoranze esigue. Nella mia esperienza, ormai più che trentennale, ho incontrato tanti educatori che nel loro lavoro ci mettono veramente l’anima e che hanno delle abilità relazionali, comunicative ed educative davvero straordinarie, facendo anche di più di quanto richiesto loro.

Certamente il possesso delle competenze di base è un prerequisito che io definisco indispensabile, anche se non sufficiente: non basta un titolo per essere un bravo educatore, che invece deve avere un mix di competenze che vanno da quelle acquisite attraverso un percorso di studi fino a una formazione continua che non cessa mai per tutto l’arco della vita. Ma io dico sempre che bisogna lavorare anche con l’intelligenza del cuore, requisito finale della formazione dell’educatore.

Nella stesura di questa proposta di legge ho voluto ascoltare tutte le esigenze di coloro che a vario titolo sono coinvolti in questo settore. Credo davvero che si tratti di un salto di qualità, soprattutto tenendo conto della pluralità degli sbocchi professionali che dovranno corrispondere sempre di più ai cambiamenti sociali e alle rapide trasformazioni dei bisogni e delle richieste.

Lavorare nel sociale, oggi, significa infatti avere una duttilità e un’intelligenza capaci di far tesoro delle esigenze e dell’esperienza, mettendole a servizio delle situazioni di maggiori criticità, anche quando sono nuove.

Oggi bisogna lavorare sulla famiglia e sulla genitorialità, perché ci sono delle nuove povertà e dei nuovi bisogni educativi che richiedono delle competenze specifiche. Il senso di questa legge, dunque, è che educatori non ci si improvvisa e non ci si può più improvvisare. Se dovessi fare uno slogan per la legge sarebbe senz’altro questo: educatori non ci si improvvisa.

La proposta di legge, approvata alla Camera, aspetta ora il via libera del Senato. Abbiamo cercato di parlare anche con i senatori della nostra omologa commissione per recepire le loro eventuali richieste e per evitare che la legge non debba fare la navetta tra Camera e Senato. Spero quindi che possa arrivare al Senato ed essere approvata senza ulteriori modifiche.

Con questa legge, finalmente, l’Italia si mette in regola con una normativa europea. Da tale normativa abbiamo mutuato sia i percorsi formativi, quindi le competenze, sia i compiti dell’educatore. La legge prevede infatti due livelli: uno rappresentato dalla laurea triennale, che forma gli educatori, e un altro livello apicale costituito invece dai pedagogisti.

La differenza principale tra i due è che il pedagogista può coordinare una struttura, mentre l’educatore può coordinare solo un gruppo. Abbiamo rispettato quindi i parametri europei per poter finalmente avere una chiarezza legislativa in un vuoto normativo – o meglio, in una “giungla” normativa.

Mi rendo ben conto che la legge non è perfetta, come non lo è nessuna legge, ma sicuramente farà finalmente chiarezza. La legge, per chi è già educatore, prevede un comma riguardante le norme transitorie: coloro che oggi lavorano già sul campo come educatori, senza essere provvisti di titolo, certamente verranno equiparati al nuovo educatore. Ben venga se lo vorrà fare, ma non si rimanda all’università una persona di 55 anni.

Per chi è in servizio da almeno tre anni, invece, è prevista la possibilità che possa frequentare dei corsi che saranno istituiti dalle facoltà di Scienza della Formazione, svolti soprattutto online, della durata di un anno. Per ricapitolare: si dà questa possibilità a coloro che sono in servizio, che non hanno il titolo e che non sono prossimi all’uscita dal mondo del lavoro.

Non ho niente in contrario contro le telecamere, ma sia ben chiaro che è solo uno degli strumenti di controllo e che non sarà quello risolutivo. È molto più importante, invece, un controllo delle relazioni che si hanno con il personale, delle storie umane ed esistenziali delle persone che per lavoro sono sottoposte a volte a uno stress emotivo.

Sostare accanto al dolore e alla sofferenza per tutto il giorno è comunque un’esperienza faticosa emotivamente. Quindi lo ripeto: le telecamere sono certamente uno dei possibili strumenti, ma non quello risolutivo. Piuttosto credo siano importanti controlli periodici sulle condizioni del cosiddetto “clima aziendale” e sulle condizioni in cui gli operatori lavorano. Il benessere degli operatori, infatti, è il benessere aziendale e quello degli utenti.




Flavio Maiocco

3 commenti

  1. aprile 8th, 2016 14:05

    Scusi ma forse non avete preso in considerazione chi, come me, è in possesso di una laurea specialistica in scienze dell’educazione, indirizzo educatore professionale (vecchio ordinamento) e lavora presso le istituzioni scolastiche da anni, facendo assistenza specialistica.IL problema essenziale è: come mai non ci viene riconosciuta l’ abilitazione all’ insegnamento visto che proprio questo facciamo ogni giorno,da anni ormai, con i bambini”speciali”????? Tale servizio è gestito dalle cooperative comunali per cui la retribuzione non è neanche adeguata al lavoro che effettivamente svolgiamo……. Mi sarebbe gradita una vostra risposta.

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  2. Maurizio Mozzoni
    aprile 9th, 2016 19:51

    Gentilissima professoressa Iori
    Anzitutto mi presento, mi chiamo Maurizio Mozzoni e oltre ad essere educatore presso una comunità di accoglienza per minori stranieri non accompagnati sono anche rappresentante sindacale CGIL. Da molto tempo cerco di capire alcuni punti della sua legge anche per cercare di tranquillizzare alcuni colleghi, lavoratori in questo settore da anni, ma sprovvisti di titoli.
    Nel suo articolo parla di un’equiparazione della professione per coloro che da molti anni prestano servizio presso le strutture pur essendo sprovvisti del titolo. Nelle norme transitorie finali tuttavia pare di capire che l’unico modo per continuare a svolgere la professione sia quella di frequentare i corsi annuali che verranno istituiti. Avendo ben presente l’estrema difficoltà (economica ma anche e soprattutto personale) di molti colleghi vorrei capire meglio come potrà avvenire questa equiparazione e su quali basi si potrà dire che gli anni di servizio prestato sono sufficienti per poter considerare sé stessi educatori professionali.
    La preoccupazione di molti colleghi che a vario titolo vengono a parlarmi è, posso assicurare, davvero pressante.
    Chiedo scusa se uso il mezzo del commento come tentativo di comunicazione ma non saprei come altro raggiungerla.
    Cordiali saluti.

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  3. Sara
    aprile 10th, 2016 15:12

    Scusi, ma non mi è chiaro il passaggio riguardante a chi già svolge questa professione : io ho 36 e sono educatrice scolastica con diploma del liceo socio pedagogico e lavoro da più di 10 anni tramite cooperativa. Sarò obbligata a fare il corso di un anno?
    O rimarrà una mia scelta?
    Come si potrà conciliare lavoro, studio e famiglia?
    Chi sosterrà le spese di questo corso, visto la nostra ridicola busta paga?
    Questa legge sarà un riconoscimento alla nostra professione solo a parole o verranno adeguati anche i salari? Saremo maggiormente tutelati dalla politica al ribasso delle amministrazioni comunali e delle cooperative? Nei giorni in cui le scuole sono chiuse o quando i minori sono assenti continueremo a vederci decurtato lo stipendio ?
    Grazie se vorrà rispondere.

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