Vanna Iori

Il diritto alla dignità nel morire

Il diritto alla dignità nel morire
26/02/2016 | Categorie: Editoriali Gazzetta di Reggio, Media Press


Il mio editoriale pubblicato oggi sulla Gazzetta di Reggio.

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In quanto depositaria di una proposta di legge sulla dignità del morire e sul rifiuto dei trattamenti sanitari, ritengo necessario un serio confronto, aperto da questo giornale, sulla delicata tematica del fine vita e sul diritto di ciascuno a manifestare il proprio rifiuto verso trattamenti sanitari non desiderati, anche se necessari al sostegno vitale.

Quando il decorso di una grave malattia diventa irreversibile e tale da portare sicuramente alla morte, possono manifestarsi sofferenze fisiche e psicologiche, nei confronti delle quali, i trattamenti sanitari vengono percepiti dalla persona (e dai suoi famigliari) come una inutile violenza e una ulteriore sofferenza.

In queste drammatiche situazioni, molte persone, pienamente coscienti della propria situazione, desiderano beneficiare unicamente di cure palliative, volte ad alleviare il dolore e a fornire sostegno, conforto e sollievo, respingendo trattamenti, talvolta anche invasivi, che possono costituire, in alcuni casi, un vero e proprio accanimento terapeutico. Diverse pratiche di cura e accompagnamento, anche esistenziale, al distacco sono già attuate nei numerosi Hospices, come il “Madonna dell’Uliveto” per la nostra provincia.

E’ dunque necessario disciplinare in modo chiaro, la possibilità per chi vengono a trovarsi in situazioni così estreme, di poter scegliere un approccio terapeutico di cure palliative che possa alleviare le sofferenze, consenta di “essere lasciati morire” e di poter predisporre per tempo il cosiddetto testamento biologico.

Ovviamente la diagnosi medica con prognosi infausta di irreversibilità deve essere redatta dal medico curante e confermata da almeno un altro medico, competente nella patologia esaminata e comunicata ad eventuali persone di fiducia indicate dall’interessato.

Poiché patologie ed eventi traumatici spesso conducono tragicamente la persona in uno stato di incapacità di intendere e di volere e dunque di non poter legittimamente manifestare il rifiuto a trattamenti sanitari, è necessario prevedere le modalità con le quali si possa dichiarare anticipatamente la propria volontà.

Tale manifestazione anticipata di trattamento costituisce obbligo vincolante per ogni medico, operatore sanitario o chi agisce nella cura della persona, e ogni violazione dolosa di questa volontà, in quanto costrizione a un trattamento espressamente non voluto, configurerà pertanto il reato di violenza privata di cui all’articolo 610 c.p.

Preciso inoltre che non si tratta di una negazione del diritto fondamentale alla vita, ma di una conferma, oggi sempre più necessaria, del diritto alla libertà e alla dignità della persona, previsto all’articolo 32 secondo comma della Costituzione. La dichiarazione anticipata di trattamento non potrà contenere, quindi, in alcun modo la richiesta di pratiche consistenti in condotte attive riconducibili all’omicidio del consenziente di cui all’articolo 579 c.p. Si tratta invece di un accompagnamento psicologico, emotivo, spirituale al morire, rivolto al paziente e ai famigliari, nella prospettiva del prendersi cura di chi muore.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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