Mercoledì 3 febbraio ho presentato la risoluzione 7-00904 in commissione alla Camera dei deputati per impegnare il governo ad assumere iniziative per un inasprimento delle norme relative alla prevenzione degli illeciti del bracconaggio (ovvero la pesca, il traffico e il commercio clandestino di pesce) ai danni della fauna ittica nelle acque interne, misure che riguardano in particolare il fiume Po e le località rivierasche delle province di Reggio e Mantova.

La risoluzione prevede sanzioni non solo di natura economica, ma anche la possibilità di sequestrare i beni dei bracconieri, e supera l’attuale assenza di limiti precisi per la quantità e le specie pescate allo scopo di bloccare i flussi di bracconaggio ittico collegati all’attività di pesca professionale.

È un atto dovuto per far fronte a un fenomeno illecito che si alimenta da anni lungo le sponde del fiume Po, nel tratto tra l’Emilia-Romagna e il Veneto: il danno derivante dalla pesca di frodo è enorme, perché con tali attività si depredano le acque pubbliche e si distruggono gli stock ittici a causa di prelievi indiscriminati e lesivi delle specie autoctone e alloctone che trovano il loro habitat naturale nelle zone umide.

Inoltre, utilizzando metodi di pesca illegali e invasivi come le reti, la corrente elettrica, il bisolfito di sodio e altri tipi di trappole non selettive, i bracconieri danneggiano anche irreversibilmente il letto dei fiumi e dei laghi e uccidono i microrganismi alla base della catena alimentare.

Anche l’aspetto economico è rilevante in questa vicenda: la commercializzazione di prodotti non controllati, l’evasione fiscale e i problemi di ordine pubblico costituiscono degli elementi che vanno debellati al più presto.