Vanna Iori

Parricidi, matricidi e omicidi. Non è vero che a Natale siamo più buoni

Parricidi, matricidi e omicidi. Non è vero che a Natale siamo più buoni
22/12/2015 | Categorie: Huffington Post, Media Press


Il mio nuovo articolo uscito oggi sull’Huffington Post.

 

 

Cosenza, 17enne uccide la madre. Sesto (Milano), un giovane 27enne uccide i genitori.Napoli, uccide il fratello e lo scioglie nell’acido. Parricidi, matricidi e omicidi che nascono nel contesto familiare, che dovrebbe essere il luogo degli affetti. Questi e altri episodi dalle cronache recenti dei giornali confermano come ogni anno, a Natale, si scatenano tempeste emotive familiari. Proprio mentre la tv ci propone spot di famiglie armoniose tra musichette, balocchi e panettoni, vengono a galla risentimenti, inadeguatezze, umiliazioni, rivalse.

Che cosa non funziona negli affetti familiari fino a sfociare in questi delitti atroci? Difficile rispondere, poiché ogni percorso familiare è una storia a sé. Ma questi episodi sono accomunati da un filo rosso: l’analfabetismo dei sentimenti. È l’incapacità di riconoscere e gestire i sentimenti, soprattutto quelli negativi. Certamente esercitare il diritto-dovere di educare è divenuto oggi sempre più complesso per i profondi cambiamenti che stanno investendo i rapporti educativi e in primis la famiglia. Questa emergenza educativa assume caratteri particolarmente rilevanti nell’adolescenza, quando i comportamenti dei ragazzi sembrano a volte incomprensibili. “Non lo riconosco più”, affermano allarmati i genitori che, di fronte a questi cambiamenti, si sentono impreparati, inadeguati o addirittura colpevoli (“dove sto sbagliando?”). Gli atteggiamenti dei ragazzi diventano più trasgressivi e, attraverso l’abbigliamento, il taglio dei capelli, il piercing, i tatuaggi ed altri dati esteriori, rimarcano le loro differenze rispetto agli adulti. Questi modi di proporsi accrescono le difficoltà di mantenere un canale comunicativo intergenerazionale.

È molto importante che i genitori si sforzino di essere meno distratti e permissivi. Dare regole è necessario per offrire un sostegno adulto in grado di affiancare i ragazzi nella loro crescita. Perché di regole e di limiti gli adolescenti e i giovani hanno bisogno, nei forti cambiamenti biologici ed emotivi e nelle travolgenti altalene emozionali legate alla crescita e al processo di transizione verso un’età adulta dai contorni ancora indefiniti. Non imposizioni indiscusse, ma “guide” affettuose e autorevoli, per rimanere un punto di riferimento educativo. Fenomeni in preoccupante aumento, quali il bullismo o l’uso di alcool e sostanze stupefacenti, sono il risultato di un modello (dis)educativo fondato sull’assenza di norme, su una pretesa libertà di comportamenti che insinua nei giovani l’idea che tutto possa essere lecito.

Una questione di grande rilevanza riguarda perciò la vita emotiva, un terreno sul quale gli adulti stessi sono spesso impreparati a legittimare emozioni e sentimenti che, anche quando sono negativi (rabbia, insofferenza, rancore), devono essere riconosciuti e nominati, per evitare un loro uso distorto e dannoso per i ragazzi stessi. L’adolescente che grida al genitore “ti odio” esprime una difficoltà relazionale, ma questo non significa che provi davvero odio (forse non trova altre parole per dire i suoi sentimenti), né che tradurrà le sue parole in gesti criminali.

L’educazione emotiva è quindi il primo passo e significa innanzitutto porsi nelle condizioni di saper ascoltare, riconoscere, esprimere la vita emotiva. E soprattutto implica la possibilità di assumere la responsabilità delle scelte che si compiono in conseguenza di ciò che si prova. Il vero nodo non è quello di provare un sentimento (anche ostile, violento, negativo, rancoroso), ma quello di riuscire ad ascoltarlo, di riconoscerlo, di viverlo, di cercare di scoprirne il senso e di scegliere e decidere il comportamento conseguente.

L’educazione sentimentale è indispensabile per diventare più consapevoli di sé, per riservare un ruolo significativo ai sentimenti nella propria esistenza. Non si tratta di “abolire” le pulsioni negative, ma di assumere la responsabilità della scelta conseguente. Senza una formazione attenta a questo passaggio tra ciò che si prova e ciò che si fa, può succedere anche che qualche adolescente o giovane travalichi ogni norma umana e giunga al gesto estremo.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *