I minori sono le prime vittime del caporalato in agricoltura: serve un piano nazionale

Il fenomeno del caporalato in agricoltura, purtroppo, in Italia coinvolge un numero sempre crescente di minori, vittime di una nuova forma di schiavismo inaccettabile: in 340mila vestono i panni illegali dei baby-lavoratori, se si prendono in considerazione tutti i settori in cui sono impiegati i bambini e gli adolescenti.
Centinaia di bambini nel nostro paese sono costretti a lavorare nei campi, sia come collaboratori delle rispettive famiglie sia come manodopera sfruttata nel lavoro nero.
Queste forme di lavoro illegale coincidono con l’abbandono del percorso scolastico e con la rinuncia al gioco e al divertimento: è una deprivazione di tutte le potenzialità che un minore possiede, una limitazione che non può conoscere giustificazione.
Il lavoro minorile riguarda il 7% della popolazione nella fascia compresa tra i 7 e i 15 anni: è una percentuale che impone un intervento che non può più essere rimandato.
In tal senso apprezzo la proposta indicata dal ministro Martina di dare vita a un piano nazionale contro il lavoro nero in agricoltura: occorre infatti puntare sull’attivazione di un sistema di raccolta dati aggiornati e prevedere un monitoraggio, su tutto il territorio italiano, che persegua innanzitutto l’obiettivo di prevenire e contrastare efficacemente il grave fenomeno del lavoro minorile e lo sfruttamento di bambini e adolescenti nei campi.