Vanna Iori

Una nuova stagione per il welfare: note a margine dei Social Cohesion Days di Reggio

Una nuova stagione per il welfare: note a margine dei Social Cohesion Days di Reggio


Il mio editoriale pubblicato il 5 giugno del 2015 sulla Gazzetta di Reggio.

 

Il welfare in Italia va ripensato. Occorrono strategie mirate, risposte più adeguate, un nuovo corso. Le riflessioni che animeranno le giornate dei “Social Cohesion Days” non potranno ignorare un elemento imprescindibile: l’Italia deve fare del welfare una sfida avvincente, positiva, non di ripiego. Una risorsa, non un costo.

In un Paese in cui il 90% della spesa per l’assistenza sociale va in benefit economici e solo il 10% è destinata a servizi reali è evidente che qualcosa, o forse più, non va. Innanzitutto perché i trasferimenti monetari sono una forma di beneficenza istituzionalizzata che crea assistenzialismo e non empowerment, non produce coesione sociale, non genera welfare solidaristico.

Soprattutto in un momento in cui la crisi e i tagli alla spesa pubblica rendono sempre più problematica e insufficiente una risposta diretta da parte della pubblica amministrazione, il solo investimento economico è una risposta che non regge più. Da un lato perché non riesce a rispondere ai nuovi bisogni (vecchie e nuove povertà, minore coesione sociale), dall’altro perché l’impianto di raccolta e di ridistribuzione su base fiscale andava bene negli anni ’60-’80, in un contesto di lavoro stabile dipendente diffuso.

Oggi correre “ri-generare” nuova coesione sociale e riformare un sistema dei servizi che è superato e immobile. Basta pensare che dalla legge n.328 del 2000 non è stato più riformato. O raccogliamo questa sfida o rischiamo di delegare i servizi al mercato e a soluzioni individuali (possibili solo per pochi).

Le buone pratiche già esistenti in altri paesi europei, così come le esperienze positive di alcune realtà regionali e comunali nel nostro paese, tracciano alcuni percorsi utili per costruire un welfare di comunità, quel mix di risorse economiche e relazionali che si fonda su nuove forme di solidarietà.

Tre i punti fondamentali. Il primo: offrire servizi anziché denaro. Il welfare non è solo un costo perché produce vantaggi relazionali e anche economici. Il che significa cambiare mentalità, comprendere che anche gli asili nido “producono” lavoro, così come l’anziano assistito, perché i servizi creano occupazione e producono entrate tributarie per lo Stato.

La seconda riflessione: non limitarsi a richiedere risorse aggiuntive per le politiche sociali, ma ottimizzare l’uso di tutte le risorse disponibili, migliorare efficacia, equità, efficienza. Oggi abbiamo risorse scarse ma spesso anche utilizzate male. Le nostre politiche sociali sono ancora carenti e frammentarie. Abbiamo creato interventi settoriali, categoriali, parcellizzati nelle competenze tra sociale e sanitario, pubblico e privato, professionale e volontario. Si tratta di segmentazioni che non comprendono, anzi ignorano, la vita quotidiana delle persone.

Il terzo punto: occorre costruire un sistema di servizi integrati, favorendo una maggiore interconnessione orizzontale tra i servizi pubblici e il ruolo decisivo di una pluralità di attori sociali con i quali concertare gli interventi. Coinvolgere cioè non solo le pubbliche amministrazioni (alle quali spetta comunque la governance), ma potenziare le integrazioni con il terzo settore, le cooperative sociali, il privato sociale (e non), le associazioni di volontariato, le parrocchie, le associazioni sportive e culturali. Ed è necessario, inoltre, consolidare un sistema di integrazione verticale tra pubbliche amministrazioni: Comuni, Regioni, governo centrale, Europa (troppi sono ancora i fondi europei che rimangono inutilizzati).

Per creare davvero coesione sociale occorrono in definitiva servizi innovativi, sostenibili, flessibili. Un sistema di welfare diventa davvero un investimento se è in grado di attivare strategie attraverso cui l’aiuto diventi umano, relazionale e sociale; se sa produrre comunità, moltiplicare i legami solidaristici, rompere l’isolamento, costruire fiducia e responsabilità sociale condivisa, essere creatore di diritti, rimanere capace di guardare al futuro. Tocca a noi.




Vanna Iori

Docente universitaria e Senatrice del Partito Democratico

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